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Economia circolare, il ruolo dei consorzi

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Alla presentazione del Rapporto 2025 sull’economia circolare (realizzato da ENEA e dal Circular Economy Network) hanno partecipato anche le imprese e i consorzi, protagonisti degli eccellenti risultati ottenuti dall’Italia negli ultimi anni.

La presentazione del Rapporto 2025 sull’economia circolare, realizzato da ENEA e dal Circular Economy Network, è avvenuta alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma grazie ad un appuntamento organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Oltre ai rappresentanti politici e istituzionali, ai tecnici e ai ricercatori, all’incontro hanno partecipato ovviamente anche i consorzi di riciclo, i veri protagonisti degli ottimi risultati raggiunti fino ad oggi, che fanno dell’Italia un Paese leader, a livello europeo e mondiale, dell’economia circolare.

Il Made in Italy dipende dall’import di materiali, che sono molto costosi e costano sempre di più. L’importazione di materiali, come i combustibili fossili, i minerali, i metalli e biomasse di vario genere, ci costa 500 miliardi di euro. Migliorare la circolarità non vuol dire solo riciclo, ma anche ridurre gli sprechi, prolungare l’utilizzo dei prodotti, migliorare il riciclo e l’impiego delle materie prime seconde, sviluppare di più il riutilizzo. Per l’Italia, risparmiare materiali e usarli in modo più efficiente è un fattore decisivo di competitività” – ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – “Al momento abbiamo un pacchetto di una decina, fra regolamenti e direttive europee già approvate, che vanno dall’ecoprogettazione agli imballaggi, passando per l’estensione della responsabilità estesa dei produttori fino alla corretta informazione. Dobbiamo recepirli e attuarli in maniera efficace, questo è il primo impegno a livello politico, centrale per il governo“.

Su alcuni parametri siamo leader indiscussi a livello europeo, penso ad esempio al riciclo degli imballaggi, dove siamo cinque punti avanti rispetto alla media europea” – ha aggiunto il già ministro dell’Ambiente (dal 1996 al 2000) – “Qui, certamente, il nostro sistema dei consorzi può essere un utile riferimento anche a livello europeo“.

Come si fa un settore virtuoso? Secondo me, un punto di partenza fondamentale è il modello dei consorzi. Oggi si parla di Made in Italy, ma questo modello italiano, senza fini di lucro e con sistema di responsabilità estesa del produttore, è geniale e funziona benissimo. L’Italia ha il record europeo, forse anche mondiale, sul fronte degli oli minerali” – il punto di Riccardo Piunti, presidente del Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati (Conou) – “Ci sono Paesi terzi, anche grandi come l’India, che hanno inviato alcune delegazioni, come quella di un’azienda petrolifera importante. Il segreto è il modello, che comprende aspetti organizzativi importanti, aspetti importanti di gestione delle risorse economiche e tutta una serie di standard e regole di qualità che bisogna costruire e anche rafforzare“.

La normativa europea, a noi, ha dato molto poco. Quella italiana ci ha dato dei punti di partenza che però noi abbiamo dovuto difendere e consolidare, perché sono fondamentali. Pensate che, con l’abolizione del decreto, volevano anche abolire i nostri standard di qualità e per fortuna il TAR ha stabilito che le tabelle non muoiono. Abbiamo tabelle di controlli in ingresso e in uscita che sono il nostro supporto alla gestione della qualità” – ha aggiunto Riccardo Piunti – “L’Agenzia francese dell’Ambiente ha inviato da noi dei consulenti proprio per capire come facciamo. Il tema è che anche gli standard di qualità che abbiamo consolidato sono una parte importante. Nel momento in cui ci si trova di fronte al tema della qualità, questo diventa molto importante. Se il prodotto rigenerato, come diceva anche il ministro Pichetto, non ha buona qualità, non funziona e la circolarità si interrompe. Se il prodotto rigenerato costa troppo e non c’è un meccanismo interno come abbiamo noi, anche lì l’economia circolare non funziona. Il modello, ben gestito, è la chiave di tutto“.

Come si esporta il modello? Vediamo che, anche senza farci troppa pubblicità, dall’estero si rivolgono a noi per capire come facciamo. Il come è organizzazione e standard di qualità. Il consorzio degli oli minerali usati raccoglie circa 180-190 mila tonnellate all’anno, che sono la totalità, su 103 mila diversi posti in Italia. Non possiamo presidiare armati per controllare che tutto sia fatto bene, quindi il modello deve far sì che tutto questo avvenga in maniera fluida e non coercitiva” – ha concluso il presidente di Conou – “Il consorzio, sostanzialmente, manda quasi tutte queste 180-190 mila tonnellate alla rigenerazione, scartandone solo una percentuale dell’1-1,5%, che è quell’olio così contaminato e inquinato da non poter essere destinato al riuso. Tutto il resto viene rigenerato, ci sono determinate rese ma le basi lubrificanti che si ottengono valgono un terzo del mercato italiano: tornando al tema della qualità, oggi nessuno, nemmeno noi, sappiamo se nel motore della nostra auto abbiamo olio rigenerato“.

Il nostro consorzio opera da quasi 30 anni nel recupero e nel riciclo degli imballaggi in plastica, all’interno del sistema Conai, per incentivare la raccolta differenziata e il recupero per avviare al corretto riciclo degli imballaggi. I risultati nel corso degli anni sono di un costante aumento delle quantità che vengono avviate al riciclo, generando così materia prima seconda. I benefici sono duplici: da un lato si risparmia materia prima vergine, dall’altro si evitano emissioni di CO2 che è il vero tema dell’economia circolare” – ha spiegato Andrea Campelli, direttore delle relazioni esterne del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica (Corepla) – “Abbiamo davanti anni di sfide molto importanti, perché il riciclo in Italia è un’eccellenza e il sistema funziona da tanti anni, ma c’è sempre spazio per migliorare, in particolare dal punto di vista educativo, nel rafforzare il messaggio sull’importanza della raccolta differenziata. Occorre poi lavorare insieme alle industrie per sviluppare l’ecodesign, quindi la progettazione finalizzata già al riciclo, e con le istituzioni per creare nuovi impianti e nuova occupazione nel riciclo degli imballaggi“.

Le strade sono molte, ciò che conta è quanto l’economia circolare sia al centro della strategia italiana e soprattutto europea. L’economia circolare è il vero pilastro intorno a cui si parla di bussola della competitività e le aziende fanno i propri investimenti” – ha aggiunto Andrea Campelli di Corepla – “L’economia circolare è un sistema che prevede il riutilizzo dei materiali e la progettazione per poterli riutilizzare, ed è veramente il faro per il Green Deal e per la progettazione europea dei prossimi anni“.

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