Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, propone la costruzione di tre piccoli depositi di scorie nucleari, distribuiti tra Nord, Centro e Sud Italia, per risolvere il problema dei rifiuti radioattivi accumulati nel Paese. Dopo oltre 20 anni di tentativi falliti e ostacoli locali, la ricerca di una soluzione permanente al problema nucleare è diventata urgente. Ma la strada è ancora piena di difficoltà.
Il deposito di scorie nucleari di cui l’Italia ha tanto bisogno ma che nessuno vuole, si farà. Anzi, se ne faranno tre. È questa l’ultima proposta del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.
Quella del deposito nazionale di rifiuti nucleari è un problema che l’Italia si porta dietro da tempo e che nessuno è mai riuscito a risolvere. E dopo 20 anni di tentativi e di procedure lunghe, costose, molto spesso farraginose, siamo punto e daccapo.
Prima di capire qual è la nuova proposta di Pichetto Fratin per risolvere il problema del deposito nazionale di scorie, ricapitoliamo brevemente quanto successo fino ad oggi.
Deposito di scorie nucleari, un problema irrisolvibile?
L’Italia – come è noto – ha terminato la sua avventura nucleare all’inizio degli anni Novanta. Di quell’esperienza restano oltre 30mila metri cubi di rifiuti nucleari che necessitano di essere depositati in un sito sicuro e permanente.
A questi rifiuti devono aggiungersi quelli che ogni giorno vengono prodotti in Italia per scopi medici e industriali. Ecco, dunque, che diventa chiara l’urgenza della creazione di un deposito permanente.
E allora, perché non è stato ancora costruito? Semplice: perché nessuno lo vuole.
Negli ultimi vent’anni i diversi governi che si sono succeduti le hanno provate tutte. L’ultimo tentativo, in ordine di tempo, è stato un percorso molto lungo che ha portato all’individuazione di aree idonee ad ospitare il deposito. Una volta individuate queste aree, l’obiettivo era aspettare che qualcuno di questi territori si autocandidasse ad ospitare il deposito, con annesso parco tecnologico, rendendolo appetibile. In che modo? Con una valanga di investimenti e posti di lavoro offerti agli abitanti di quelle zone.
Il problema è che non solo nessuno di quei luoghi si è candidato, ma addirittura gli abitanti delle aree idonee hanno promesso battaglia ad oltranza qualora il deposito venisse costruito dalle loro parti.
Deposito nazionale di scorie nucleari, da uno diventano tre
Saltati tutti i piani, il ministro Pichetto Fratin e il governo Meloni hanno cominciato a navigare a vista. Il primo tentativo è stato quello di ribaltare tutto e aprire alle candidature anche alle aree risultate non idonee.
Al di là delle perplessità legate a questa mossa (che senso ha valutare tante variabili per individuare le uniche aree idonee ad ospitare un sito di questo tipo per poi ribaltare tutto e aprire la possibilità di ospitare il deposito anche a comuni risultati non idonei?), si è presentato un problema.
Solo un comune aveva presentato autocandidatura: Trino Vercellese che già oggi ospita 1.500 metri cubi di materiale radioattivo in un deposito provvisorio. “Dovendoci tenere i rifiuti, tanto vale prendersi anche i soldi”, avranno pensato gli amministratori locali.
Peccato, però, che le cause che hanno escluso la città dalle aree idonee continuano a sussistere: un deposito delle dimensioni e della capacità di quello che serve all’Italia lì non si può fare.
E allora al ministero dell’Ambiente hanno deciso di rimettere tutto di nuovo in discussione: i depositi di rifiuti nucleari in Italia saranno tre e non uno solo. Tre piccoli depositi invece di uno più grande. Saranno, inoltre, geograficamente distribuiti: uno al Nord, uno al Centro, uno al Sud.
Per ora, quella del triplice deposito, è solo una proposta sulla quale Pichetto Fratin e i suoi stanno lavorando. Gli ostacoli restano molteplici ma una soluzione – qualunque sia – è quanto mai necessaria.
Anche perché quei rifiuti che nessuno vuole sono già sul nostro territorio. Sono solo in attesa di una sistemazione più sicura di quella in cui si trovano oggi.