I dazi degli Stati Uniti di Donald Trump sull’Unione europea sono sempre più vicini e il mondo produttivo comincia a fare i calcoli di quanto costerebbe all’Europa e all’Italia la tassa sulle nostre esportazioni negli Usa.
Interviene nel dibattito Massimiliano Giansanti, il presidente di Confagricoltura, intervistato dall’Ansa, ha affermato: “È arrivato il momento di costruire un patto bilaterale che metta al centro gli interessi dei consumatori degli Stati Uniti piuttosto che dei consumatori europei.” È possibile, oltre che auspicabile, per Giansanti che le due economie interagiscano in modo da creare un sistema di sviluppo comune. Rimane infatti da scongiurare una guerra dei dazi.
Le prime mosse di Donald Trump hanno provocato delle reazioni opposte, se Messico e Canada, i primi due paesi a essere colpiti con dei dazi del 25% sulle esportazioni hanno scelto la via del dialogo, (i dazi sono stati congelati per un mese i attesa dei risultati delle mediazioni bilaterali). La Cina ha invece risposto con una imposizione di dazi agli Stati Uniti.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) February 1, 2025
Sull’Unione pesano dazi Usa del 25% su acciaio e alluminio. L’ambiguità è dovuta dal fatto che il presidente Trump è solito annunciare le misure sui suoi canali social lasciando un grado di incertezza su come e quando la misura si tradurrà in atto concreto. “L’Unione europea non ci tratta bene sul commercio” è stata la frase utilizzata da Trump per giustificare la misura protezionista nei confronti degli alleati europei che, a suo dire, si comportano peggio dei nemici, almeno sul piano commerciale.
Le misure riguardanti ciascun Paese dovrebbero essere comunicate entro il 2 aprile. Prima di quella data la diplomazia cercherà di smussare gli angoli delle nuove relazioni commerciali con gli States. “Io a metà marzo sarò negli Stati Uniti per incontrare l’associazione degli agricoltori americani- ha dichiarato Giansanti- perché riteniamo, come Confagricoltura, che nel dialogo si possano poi trovare quelle soluzioni che possono permettere ai due modelli produttivi oggi più all’avanguardia, come quelli di Usa ed Ue, di rinnovare quello spirito di collaborazione che c’è nell’area atlantica.”