David Quammen e la biodiversità: “Una perdita gravissima anche per l’uomo”

Il cuore selvaggio della natura, appena pubblicato da Adelphi, è un monito all’umanità da parte del giornalista e scrittore che otto anni prima del Covid aveva in qualche modo profetizzato la pandemia. A TeleAmbiente, David Quammen rivela anche quale tra i virus che circolano attualmente ha il maggior potenziale pandemico.

L’invasione delle terre selvagge e incontaminate da parte dell’uomo, in tutto il mondo, non si ferma. Un’invasione che comporta gravi rischi non solo per la salute umana, ma anche per l’intera biodiversità. Un bene prezioso da proteggere e non da distruggere, come avverte anche il giornalista e scrittore David Quammen, che ha pubblicato diversi libri e articoli sul National Geographic, New York Times, Harpers’ Magazine e Rolling Stone ed è diventato famoso in tutto il mondo per aver in qualche modo profetizzato l’arrivo di una pandemia otto anni prima del Covid.

Nel corso degli anni David Quammen ha viaggiato nei posti più remoti della Terra, vissuto ogni tipo di avventure e si è confrontato con i massimi esperti di virologia, sanità e tutela della natura. Come sempre per la casa editrice Adelphi, David Quammen ha appena pubblicato ‘Il cuore selvaggio della natura’, raccolta di articoli e approfondimenti che lancia un nuovo monito all’umanità.

Sappiamo che la Terra è un sistema profondamente interconnesso, in che modo la perdita di biodiversità rappresenta una minaccia anche per il futuro dell’umanità?

Come sapete, da tanto tempo scrivo di biodiversità, di perdita di biodiversità e di cosa significa questa perdita. Ho scritto di biodiversità per 45 anni e per 25 anni ho affrontato il tema dei virus, come qualcosa che diventa un pericolo per l’uomo quando disturbiamo o danneggiamo la biodiversità. La Terra è un sistema fortemente interconnesso perché ogni specie di piante, animali, funghi, batteri esistenti nel Pianeta porta con sé i propri virus. E alcuni di questi virus, quelli che vivono negli organismi di altri animali, possono infettare l’uomo. Nel mio nuovo libro, Il cuore selvaggio della natura, racconto dei viaggi fatti negli ultimi 25 anni in luoghi incontaminati per scrivere articoli per la rivista del National Geographic. Li ho messi insieme ma non mi sono limitato a raccogliere le varie storie in un libro, ho deciso di modellarle e connetterle tra loro per creare il libro. Ho scritto anche del nuovo materiale che potesse collegare le varie storie. Ho pensato a lungo a questa grande esperienza lunga 25 anni, viaggiando in terre selvagge per conto del National Geographic. Quello che perdiamo come umani, il pericolo di perdere qualcosa quando distruggiamo o disturbiamo la biodiversità si divide in due categorie, quella pratica e quella che definirei estetica e spirituale. La categoria pratica include problemi che arrivano a colpirci quando interagiamo con la biodiversità, spesso invadendo terre incontaminate: il più ovvio è quello dei virus emergenti, e ne parlo un po’ anche in questo nuovo libro. Ad esempio, parlo della misteriosa origine del virus Ebola, che è una delle conseguenze pratiche della perdita di biodiversità. Altre conseguenze pratiche sono la distruzione di ecosistemi che forniscono alcuni servizi all’essere umano, ad esempio aiutando a mantenere l’aria e l’acqua pulite o a controllare le popolazioni di specie infestanti che possono causare problemi all’uomo, come le zanzare. Le zanzare, quando vivono all’interno dei loro ecosistemi, vengono controllate da molti predatori, ma se noi distruggiamo questi predatori, come uccelli, ragni, altri insetti, pesci che si nutrono di larve di zanzara, ovviamente faremo aumentare le zanzare. Questo è solo un piccolo e semplice esempio delle conseguenze pratiche, ma tra le conseguenze spirituali ed estetiche, ci sono altre grandi e importanti perdite. Se continueremo a distruggere specie, andremo verso un Pianeta che conterrà nient’altro che specie infestanti, che si riproducono velocemente e crescono anche in terre contaminate, e possono essere vegetali come animali. Stiamo andando verso un Pianeta che conterrà quasi nient’altro che determinate specie di topi, di mosche, di farfalle, di scarafaggi e di pesci, ma tutto il resto sarà inevitabilmente perduto. Stiamo andando verso un Pianeta che sarà, per dirlo in modo netto, più noioso, più solo e più brutto rispetto a come lo abbiamo ereditato dai nostri genitori e dai nostri nonni. Ecco cosa significa la perdita spirituale ed estetica. Ma ovviamente possiamo evitare queste perdite, ci sono azioni che possiamo fare. E come scrivo nel libro, che parla tanto di pericolo come di speranza (e lo dico chiaramente nel sottotitolo, Dispacci da paesaggi di meraviglia, pericolo e speranza), ci sono cose che possiamo fare. Ci sono cose che dovrebbero darci e che ci daranno la speranza, e ho provato a trasmetterlo ai lettori: questo libro fornisce alcuni seri avvertimenti, ma contiene anche un sacco di meraviglia, di maestosità, di divertimento e di avventura, oltre che di speranza“.

Cosa dovremmo fare per evitare danni permanenti alla biodiversità? La scienza suggerisce molteplici azioni, quale ritiene che sia assolutamente necessaria?

La più grande e ampia risposta a questa domanda, e si tratta di una domanda molto importante, è che dobbiamo cercare di essere abbastanza saggi da limitare la crescita della popolazione e al tempo stesso i consumi. Alcune persone dicono: “Be’, siamo più di otto miliardi su questo Pianeta, e la popolazione continua a crescere. E ci sono quei villaggi, in Africa, dove le famiglie sono numerose, è colpa loro. In quella famiglie magari hanno sei, sette, otto figli”. No, la questione non riguarda solo la pura crescita della popolazione, il problema riguarda una popolazione che cresce insieme ai consumi. Quelle famiglie che vivono nei villaggi in Africa, che magari hanno sei o sette figli, consumano meno di quanto consuma la mia famiglia in America, o di quanto consumano le vostre famiglie in Italia. Poiché siamo abbastanza fortunati da vivere in Paesi ad alto reddito, come l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, il consumo medio è molto superiore delle persone che vivono ai margini della grande biodiversità, in posti come il Congo, la Nuova Guinea o l’Amazzonia brasiliana. Dobbiamo ripensare anche i consumi, non solo la grandezza della popolazione. E un aspetto davvero molto importante, anche se non l’unico, dei consumi, riguarda ovviamente i combustibili fossili. Più bruciamo combustibili fossili, più carbonio avremo nell’atmosfera e il cambiamento climatico si aggraverà, portando con sé vari problemi. Tutti noi consumiamo, non è un peccato consumare, e tutti noi in qualche modo ricorriamo ai combustibili fossili. Eccomi qui, un americano che si trova per qualche giorno in Italia. Sono arrivato con un aereo che brucia combustibili fossili, quindi mi rendo conto di essere parte del problema. Anche voi, in qualche misura, siete parte del problema, lo siamo tutti. Dobbiamo pensare a consumare meno, consumare ciò di cui abbiamo bisogno, e non consumare tutto quello che ci pare. C’è una grande differenza tra le nostre necessità e i nostri desideri. Per le persone nei Paesi a basso reddito non c’è tutta questa differenza tra necessità e desideri, loro vogliono semplicemente dar da mangiare ai loro figli, vogliono ciò che basta per sopravvivere, vogliono ciò che basta per cucinare e nutrirsi. Da noi, nelle nazioni più ricche, il gap tra necessità e desideri si fa sempre più grande. Dobbiamo pensare a questo, è qualcosa che possiamo tutti controllare, ma appartenendo a solide democrazie, possiamo anche rivolgerci ai nostri governi per controllare tutto questo. Queste sono le cose più importanti che, secondo me, possiamo fare“.

In questo periodo, siamo circondati da moltissimi virus (come M-pox, encefalite equina orientale, Zika, Dengue, peste suina, influenza aviaria, ecc.). Ci sono poi molte specie di zanzare che sono molto utili anche per l’uomo, essendo ottimi impollinatori, ma alcune sono vettori di virus particolarmente insidiosi. Lei ha parlato molto con i più importanti scienziati del mondo: confrontandosi con loro, quale virus ha il maggior potenziale di causare la prossima pandemia? Se la sente di azzardare una previsione?

È molto difficile prevedere le pandemie, ma non è poi così difficile immaginare quali siano i rischi e le probabilità. Hai menzionato, ad esempio, le malattie generate dalle zanzare. In questo momento, a causa del cambiamento climatico, le zanzare stanno espandendo il loro areale, sempre verso Nord, e possono portare virus pericolosi per l’uomo. Stanno espandendo il loro areale verso Nord negli Stati Uniti e so che stanno facendo lo stesso anche in Italia. So che avete problemi con la diffusione della febbre del Nilo Occidentale e che ci sono problemi anche con la Dengue. Sono problemi sanitari che nascono da particolari gruppi di zanzare, le Aedes. Le Aedes aegypti e le Aedes albopictus, quest’ultime dette comunemente zanzare tigre, sono vettori rispettivamente della Dengue e della West Nile. Quindi ci sono dei rischi, ma gli scienziati con cui mi sono confrontato, i massimi esperti di virologia, non fanno altro che avvertire che, anche se non è possibile dirlo con totale certezza, l’influenza aviaria H5N1 è probabilmente il più grande pericolo, è un virus che ha un’altissima probabilità di mutare e adattarsi fino a diventare un virus pandemico umano. Al momento questo virus non infetta l’uomo molto facilmente, non è molto pericoloso perché la letalità non è molto alta, ma i virus influenzali sono in grado di evolvere molto rapidamente. Mutano in continuazione, rimescolando i loro genomi in nuove combinazioni con altri virus influenzali. E i virus come l’aviaria stanno ottenendo moltissime possibilità di evoluzione. Più virus esistono, più si diffondono negli uccelli in tutto il mondo e maggiori possibilità ci saranno per mutare ed evolvere. Ora che sta avvenendo il salto di specie dagli uccelli ai mammiferi, ci sono possibilità in più di mutare e di adattarsi, e questo è un pericolo maggiore per l’uomo. Negli Stati Uniti, come saprete, si sta diffondendo tra le mucche negli allevamenti e questo è molto pericoloso perché ci sono i lavoratori nelle fattorie che sono esposti ogni giorno a queste mucche. Tra l’altro, i test e il tracciamento tra questi lavoratori non è sufficiente. Quindi è possibile che il virus dell’influenza aviaria possa continuare a mutare, anche nelle mucche, guadagnandosi la possibilità di passare dalle mucche all’uomo e anche da uomo a uomo. Questo è un grave rischio, è solo una questione di numeri: il virus sta uccidendo milioni di uccelli, specie selvatiche come pollame domestico, in tutto il mondo. E ora sta raggiungendo anche migliaia di mammiferi, continuando a replicarsi milioni e milioni di volte. Ogni volta che si replica e muta, si crea una possibilità in più per adattarsi all’uomo. Come ho scritto sul New York Times, è come giocare alle roulette: se punti sul 13 nero, ogni singola volta che giri le possibilità che la pallina finisca lì sono molto basse, ma se giri la roulette milioni e milioni di volte, c’è la certezza virtuale che quella pallina finisca effettivamente sul 13. Questo è ciò che sta accadendo con l’influenza aviaria, è molto pericoloso. Potrebbe non diventare mai una pandemia, potrebbe diventare una pandemia tra 10 anni o potrebbe diventare una pandemia domani. Non lo sappiamo, ma i rischi sono alti così come le possibilità che possa trasmettersi anche da un essere umano all’altro“.