Nel 2100 tra 77 e 188 milioni di persone vivranno in aree in cui la temperature delle acque sotterranee sarà così alta da rendere l’acqua non potabile.
Ad affermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Geosceince. Il fenomeno è dovuto al fatto che le alte temperature sono capaci di alterare la composizione chimica a biologica dell’acqua fino a renderla inadatta al consumo umano.
La crisi climatica non risparmia le acque degli oceani, ciò è risaputo, ma la ricerca si è concentrata sugli effetti poco esplorati che il riscaldamento climatico ha sulle falde acquifere.
La temperatura delle acque sommerse influenza i processi biochimici.
Oltre all’aumento di rischio che batteri come la legionella possano svilupparsi in acque eccessivamente calde, la concentrazione di sostanze come l’arsenico, il manganese o il fosforo, può aumentare esponenzialmente con l’aumento delle temperature delle acque.
Perdita di biodiversità
Alcune specie tipiche delle acque di fonte come i molluschi crenobionti rischiano di scomparire poiché incapaci di adattarsi a temperature più alte.
La mappa interattiva
cliccando su questo link: https://susanneabenz.users.earthengine.app/view/subsurface-temperature-profiles è possibile consultare la mappa con i dati delle proiezioni.
Due scenari possibili
Gli scienziati hanno simulato due scenari; quello in cui le temperature aumentano di 2,1 gradi centigradi e quello estremo in cui aumentano di 3,5 gradi. Se nel primo scenario un massimo di 188 milioni di persone vivrebbe in un luogo in cui le falde acquifere producono acqua non potabile, nel secondo fino a 588 milioni di persone sarebbero coinvolte.
Tra le regioni più colpite vi sarebbero l’America del Nord, Russia e Cina. Meno interessate le zone montuose come le Ande e le Montagne Rocciose.