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La Corte dei Conti Ue boccia i Pnrr: “Meno fondi per il green”

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Fondi sovrastimati e finanziamento di progetti che poco hanno a che vedere con l’azione climatica e la transizione ecologica: la Commissione europea viene bacchettata e replica in modo piccato.

La Corte dei Conti dell’Ue, in una relazione, boccia parzialmente il piano Next Generation EU della Commissione europea, propedeutico allo sblocco dei fondi (in prestito o a fondo perduto) per i vari Piani di ripresa e resilienza (Pnrr) nazionali dei singoli Paesi membri. Il motivo? Nelle stime della Commissione, infatti, il contributo per le misure ‘green‘ (l’azione climatica e la transizione ecologica) sarebbe più ampio di quanto non sia realmente. E c’è un problema riguardante il sistema Recovery and Resilience Facility (RRF), alla base del Next Generation EU.

Nel febbraio scorso, la Commissione europea aveva valutato un 42,5% (pari a 275 miliardi di euro) dei fondi come destinato a sostegno degli obiettivi climatici. Secondo la Corte dei Conti Ue, tuttavia, quei contributi sarebbero stati sovrastimati di almeno 34,5 miliardi di euro, oltre a presentare altre criticità, come la vaghezza dei traguardi dell’azione climatica, la scarsa trasparenza nella rendicontazione delle spese effettivamente sostenute e forti dubbi sulla compatibilità ambientali di alcuni progetti etichettati come ‘green‘.

I fondi, a differenza di altre precedenti forme di spesa dell’Ue, vengono erogati in base al raggiungimenti di determinati obiettivi e non in risposta alle spese effettivamente sostenute. Tra l’altro, la Corte dei Conti Ue sottolinea che un simile modello di finanziamento e un calendario di attuazione troppo incentrato sul breve termine potrebbe alimentare la possibilità che tutte le somme pianificate per l’azione climatica non contribuiscano effettivamente al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La Commissione europea, per calcolare l’efficacia delle varie azioni per il clima utilizza un coefficiente climatico: 0% se il contributo è nullo, 40% se il contributo è positivo, 100% se il contributo è sostanziale. Secondo la Corte dei Conti Ue, però, per molte misure questa distinzione non era stata così netta e i vari contributi per gli obiettivi climatici sarebbero stati sovrastimati. Inoltre, molti progetti etichettati come ‘green‘ non avrebbero avuto un nesso diretto con la transizione verde. C’è anche un esempio: era stato assegnato un coefficiente climatico del 40% ad una misura apparentemente volta a migliorare la gestione delle risorse idriche, ma in realtà i fondi erano stati utilizzati semplicemente per digitalizzare il sistema di approvvigionamento idrico e non per ridurre le dispersioni. O ancora: i fondi avevano finanziato un impianto ad accumulazione con pompaggio di cui si era sottovalutato l’impatto ambientale, e che aveva finito per intorbidire alcuni corsi d’acqua.

Per questo motivo, la Corte ha raccomandato alla Commissione europea di potenziare i collegamenti tra obiettivi climatici e strumenti futuri, oltre a raccogliere e pubblicare periodicamente tutte le informazioni relative ai fondi spesi. La risposta di Palazzo Berlaymont non si è fatta attendere: la Commissione europea ha spiegato che alcune critiche espresse dalla Corte dei Conti Ueriguardano aspetti che vanno oltre il reglamento RRF o non sono da esso regolamentati“. Per la Commissione europea, “il calcolo della Corte dei Conti Ue si basa su coefficienti diversi rispetto a quelli del regolamento RRF, che tra l’altro non impone di pubblicare i dati sulla spesa effettiva. La Commissione europea, invece, controlla il raggiungimento delle tappe fondamentali e degli obiettivi prima di erogare qualsiasi richiesta di pagamento“.