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Coronavirus, polemiche per le parole di Zaia: “Tutti abbiamo visto i cinesi mangiare i topi”

Il governatore del Veneto Luca Zaia si è lasciato andare a una battuta infelice per sottolineare quella che per lui è la differenza tra gli italiani i cinesi, ovvero la scarsa igiene di questi ultimi. Giusta l’indignazione della comunità cinese, ma restano però le ombre sul trattamento degli animali in Cina.


I luoghi comuni si sa, sono duri a morire, e spesso sono quanto di più lontano dalla realtà. Il governatore del Veneto Luca Zaia, durante un’intervista televisiva ha pensato bene di sottolinearne uno dei più beceri. Secondo il leghista infatti la differenza tra l’espansione del coronavirus in Lombardia e Veneto e quello che è successo in Cina è dato dalla “scarsa igiene” del popolo cinese.

Secondo Zaia infatti “Tutti quanti abbiamo visto i cinesi mangiare i topi vivi.

La frase, oltre ad essere riferita a una semplice diceria (e anche se fosse riguarda un gruppetto di persone su una popolazione di oltre un miliardo), ha scatenato la giusta indignazione della comunità cinese, da tempo oltretutto sotto accusa per essere la causa scatenante del virus in Italia (altra falsità, visto che i contagiati che hanno portato il virus sono tutti italiani che hanno viaggiato in Cina).

“In un momento cruciale come questo, in cui Cina e Italia si trovano fianco a fianco ad affrontare l’epidemia, un politico italiano non ha risparmiato calunnie sul popolo cinese. Ci consola il fatto che moltissimi amici italiani non sono d’accordo con tali affermazioni e, anzi, le criticano fermamente. Siamo convinti che quelle parole non rappresentino assolutamente il sentire comune del popolo italiano“, afferma il portavoce dell’ambasciata cinese commentando, senza mai citarla direttamente, la frase di Zaia sui topi.

Il popolo italiano è un popolo civile e nostro amico. Il nuovo coronavirus – sottolinea l’ambasciata cinese a Roma – è un nemico comune, che richiede una risposta comune. In un momento così difficile, è necessario mettere da parte superbia e pregiudizi, e rafforzare la comprensione e la cooperazione al fine di tutelare la sicurezza e la salute comune dell’umanità intera.”

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In realtà la politica igienica e sanitaria degli animali nel paese è quella che secondo gli esperti ha di fatto causato l’inizio dell’epidemia. Secondo fonti ormai accertate ( e senza credere alle teorie del complotto) l’epicentro del virus è il mercato degli animali di Wuhan, il più grande della Cina.

In questo mercato, da sempre criticato dagli ambientalisti di tutto il mondo, vengono vendute centinaia di specie diverse di animali, dai rettili ai marsupiali, dai grandi mammiferi agli squali, che quasi sempre vengono destinati ad uso alimentare.

Solo recentemente Il Comitato Permanente cinese ha approvato una proposta di legge per vietare il commercio e il consumo di animali selvatici, la pratica ritenuta responsabile per la diffusione del coronavirus. “Lo scopo è vietare completamente il consumo di animali selvaggi e distruggere il commercio illegale”. Il divieto servirà a “salvaguardare la salute pubblica e la sicurezza ecologica”.

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Nonostante questo, alcune pratiche barbariche restano in vita nell’entroterra cinese, come il famigerato festival Yulin, dove per dieci giorni decine di migliaia di cani vengono torturati, uccisi e poi trasformati in cibo.

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