Home Attualità Coralli, mortalità fino al 60%: i ricercatori “ascoltano” il mare per salvarli

Coralli, mortalità fino al 60%: i ricercatori “ascoltano” il mare per salvarli

Documentation of the Great Barrier Reef near Port Douglas from Greenpeace Australia Pacific, shows damage of coral. This is the result of 12 months of above average sea temperatures across the Reef.

Ascoltare il mare per salvare i coralli: nel mare della Malidive i ricercatori del Centro di Eccellenza dell’Università Milano Bicocca, MaRHE Center, attraverso segnali acustici, potranno identificare le zone più degradate e attivare una “coral restoration”. La mortalità dei coralli ha raggiunto valori del 60%, arrivando in alcuni casi al 100%, a causa dell’innalzamento della temperatura degli oceani.

Ad essere ascoltato sarà il mare delle Maldive per aiutare la scienza a salvare i coralli, la cui mortalità ha raggiunto valori del 60%, arrivando in alcuni casi al 100%, a causa dell’innalzamento della temperatura degli oceani.

Uno dei picchi è avvenuto ad aprile-maggio 2016, quando si è registrato un maxi evento di sbiancamento. A mettersi all’ascolto, i ricercatori del Centro di Eccellenza dell’Università Milano Bicocca, MaRHE Center. ”Nell’acqua di mare”, spiega Paolo Galli, professore ordinario di Ecologia presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio dell’Università di Milano Bicocca e Direttore MaRHE Center Maldive, “i segnali acustici viaggiano con maggiore efficienza rispetto ai segnali elettromagnetici e chimici e rappresentano il principale sistema di trasferimento delle comunicazioni”.  Obiettivo: “identificare le zone maggiormente degradate che potranno essere soggette ad un’azione di ‘coral restoration‘, ovvero di ripristino della barriera corallina”.

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Negli ecosistemi marini, diversi studi hanno sottolineato l’importanza dell’ambiente acustico per fornire informazioni sulla qualità e il tipo di habitat delle specie. Il paesaggio sonoro include suoni prodotti da attività biotiche, abiotiche e antropogeniche. Nelle acque basse marine, le biofonie sono prodotte da pesci, invertebrati e mammiferi marini, principalmente per scopi comunicativi, ma anche come sottoprodotti involontari di altre attività come i movimenti di nuoto, di pascolo o di guscio.

I suoni abiotici nella zona costiera sono determinati da venti e onde. Infine, il rumore antropogenico è dovuto principalmente al traffico navale, che non genera un suono intenso, ma un inquinamento acustico di basse frequenze, costante nel tempo. Questo può portare a cambiamenti significativi negli habitat marini e negli animali, sia vertebrati che invertebrati, causando stress, distrazioni e il mascheramento di suoni importanti.

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A sostenere i ricercatori in questa impresa, un’iniziativa di Bacardì, il “Bacardì sound of sea project”, realizzato in sinergia proprio con il MaRHE. In occasione del Jova Beach Party, di cui quest’anno Bacardì è official sponsor, saranno serviti mojito in bicchieri compostabili e con cannucce edibili e parte del ricavato sarà destinata a finanziare la borsa di studio annuale di uno dei ricercatori che saranno impegnati nell’ascolto del mare delle Maldive.

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Secondo la procedura sperimentata fino a questo momento, le registrazioni verranno eseguite per un periodo di circa 4-5 giorni. La raccolta dei dati sarà effettuata utilizzando un sistema di registrazione acustica mobile, grazie a idrofoni marini posizionati in diversi punti di campionamento, in zone degradate e non degradate, permettendo così ai ricercatori di identificare i segnali caratteristici emessi da un ambiente pulito e da uno inquinato. I risultati verranno presentati anche ad Expo 2020 Dubai.

Altre esperienze di ascolto del paesaggio sonoro sono già state condotte negli ultimi anni al Polo Nord e nelle Isole Fiji. Recentemente è stata costituita una task force di ricercatori del Cnr e delle Università Bicocca e del South Pacific con sede nell’arcipelago oceanico. Dai primi risultati si può affermare che le barriere coralline danneggiate a causa delle attività umane presentano un impoverimento della ricchezza dei suoni, soprattutto per quanto riguarda quelli dei crostacei e la diversificazione della tipologia di ‘cori’ emessi dai pesci di barriera.

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Per quanto riguarda l’esperienza avuta al Polo Nord, si assiste a un drastico cambiamento del paesaggio acustico marino causato dalla riduzione delle masse di ghiaccio per l’innalzamento delle temperature. La presenza di iceberg, infatti, è fonte di due tipologie di suoni: la prima molto intensa provocata dal distacco e dalla caduta di enormi masse dal fronte del ghiacciaio (ice calving), la seconda dovuta allo scioglimento lento e progressivo degli stessi iceberg (ice melting) che contengono numerosissime bolle di gas. I rumori prodotti dalle onde e dal vento vengono dunque sostituiti da scricchiolii e gemiti del ghiaccio che “respira”.