Alla 29esima Conferenza dell’Onu sul clima il presidente dell’Azerbaigian (che presiede e ospita la COP29) ha dichiarato che l’Europa usa un doppio standard quando accusa i produttori di petrolio
Far organizzare la maggiore conferenza mondiale sui cambiamenti climatici a un Paese che ha interessi nel petrolio e nel gas è un paradosso.
Un paradosso che stiamo vivendo con la COP29 in corso a Baku in Azerbaigian. Una prova? Le parole che il presidente azero ha pronunciato proprio sul palco della COP: petrolio e gas sono “un dono di Dio”.
Peccato che petrolio e gas sono in realtà tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale, perché il loro utilizzo emette in atmosfera la CO2, una dei più pericolosi gas a effetto serra.
L’accusa all’Europa del presidente azero
Ma Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian, ha voluto ripetere ciò che va dicendo da tempo. Non solo, a margine dell’evento ha anche attaccato l’Europa accusandola di doppiopesismo quando si tratta di attaccare i produttori di petrolio come l’Azerbaigian.
“Due anni fa – ha detto Aliyev- l’Azerbaijan e la Commissione europea hanno firmato una dichiarazione sul partenariato strategico nel campo dell’energia. Ma non è stata una nostra idea. È stata una proposta della Commissione europea. Il presidente della Commissione europea è venuto a Baku due anni fa per firmare questo documento con noi. Perché avevano bisogno del nostro gas”.
Cos’è la COP29?
La COP29, è la 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’occasione annuale in cui i rappresentanti di 198 governi mondiali si incontrano per fare il punto sulla lotta alla crisi climatica, comprendere quali siano le sfide maggiori e provare a trovare una soluzione per mitigare il riscaldamento globale.
Le COP sul clima negli ultimi anni hanno avuto una risonanza maggiore rispetto al passato, ma quella che comincia ieri a Baku, in Azerbaigian e che terminerà il 22 novembre pare essere percepita dagli addetti ai lavori come una COP fiacca e poco produttiva. Come mai?
Il sempre maggiore scetticismo su questo tipo di manifestazioni ha spinto molti capi di stato e di governo (che solitamente andavano a dare l’indirizzo politico ai negoziati) a restare a casa.
Saranno 100 (su circa 200) i capi di stato e di governo che andranno. Di sicuro non andrà Joe Biden (presidente USA uscente con politiche climatiche assai diverse da colui che gli succederà a gennaio alla Casa Bianca), non ci sarà la presidente della Commissione Europea Ursula von del Leyen. Né il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Così come non ci sarà Luiz Inacio Lula da Silva, presidente del Brasile, che il prossimo anno ospiterà la COP30.
Secondo molti le defezioni sono dovute anche al fatto che il mondo guarda già alla COP30 del prossimo anno, quella in cui bisognerà fare il punto di quanti degli obiettivi datisi in precedenza l’umanità ha raggiunto.