COP28, vigilia di tensioni tra delegati. La conferenza sul clima di Dubai rischia il fallimento

A meno di un mese dall’inizio della COP28 i motivi di tensione tra i delegati governativi non mancano. A rischio c’è la soluzione al riscaldamento globale

Manca poco all’inizio dei lavori della COP28, l’annuale Conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici in cui i governi mondiali si incontrano per trovare soluzioni al riscaldamento globale.

Ma alla vigilia dell’evento che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre la situazione è tesa e ci sono già segnali di profonde divisioni tra i Paesi.

A dirlo è stato lo stesso presidente della COP28, Sultan Al-Jaber, egli stesso al centro di un dibattito tra diversi delegati sull’opportunità della sua nomina. Il sultano, infatti, oltre che presidente della Conferenza sul clima è anche l’Amministratore delegato dell’ADNOC, la più grande azienda petrolifera degli Emirati Arabi Uniti e tra le più grandi al mondo.

Insomma, a presiedere la COP dove i governi sono chiamati a trovare un compromesso per dire addio – prima o poi – ai combustibili fossili c’è il capo di una azienda che estrae e vende combustibili fossili. 

Ma i problemi alla vigilia della Conferenza di Dubai sono molteplici. Intanto non tutti gli stati del mondo sono disposti a tagliare o addirittura prevedere l’eliminazione di gas, petrolio e carbone dalle proprie produzioni nazionali.

Ad esempio alcuni Paesi in via di sviluppo ritengono di avere un credito rispetto ai Paesi industrializzati come il nostro che nei decenni scorsi hanno emesso quantità di CO2 esorbitanti garantendosi una straordinaria crescita economica e industriale ma allo stesso tempo causando – con quelle emissioni – la crisi climatica.

E poi c’è la questione delle riparazioni. Perché gli stessi Paesi in via di sviluppo che meno hanno contribuito al riscaldamento globale sono quelli che maggiormente ne pagano le conseguenze e quindi chiedono aiuti finanziari da parte degli stati più ricchi.

Infine le tensioni internazionali dovute ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente che di sicuro non aiutano a creare un ambiente diplomatico positivo.

Il rischio dunque è che la COP28 sia l’ennesima occasione persa per trovare una soluzione alla crisi climatica che ormai è evidente. Il 2023 sarà con estrema probabilità l’anno più caldo a livello mondiale da quando abbiamo cominciato a registrare le temperature. Senza una drastica riduzione delle emissioni di carbonio le temperature saranno destinate a salire ulteriormente. Fino a quando gli effetti del riscaldamento globale non diventeranno irreversibili.