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Cop26, la seconda bozza: cosa cambia e cosa manca. Passi avanti solo sulle rinnovabili

Cop26, nell’ultimo giorno a Glasgow è corsa contro il tempo per approvare la seconda bozza. La fretta, però, fa ‘dimenticare’ ai leader parecchi aspetti fondamentali.

Cop26, nell’ultimo giorno di negoziazioni a Glasgow è corsa contro il tempo per approvare la seconda bozza del documento finale. La fretta, però, rischia di pregiudicare la buona riuscita degli accordi. Ci sono dei piccoli passi in avanti, ma la sensazione è che molto sia stato accantonato perché il tempo stringe e trovare un accordo appare quasi impossibile.

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La seconda bozza del documento finale, aggiornata e rivista con le osservazioni dei ministri, contiene un invito ai governi ad accelerare sulle fonti rinnovabili per la produzione elettrica e sulla eliminazione del carbone e dei sussidi alle fonti fossili. Inoltre, la nuova bozza invita i Paesi più ricchi a raddoppiare gli aiuti a quelli in via di sviluppo.

 

Gli aspetti positivi, però, finiscono qui. Dalla seconda bozza del documento finale della Cop26, nonostante venga ribadita la necessità di aiutare i Paesi più vulnerabili, è sparito il termine temporale del 2023, come scadenza prevista per l’attivazione del fondo da 100 miliardi di dollari all’anno. Ci sono poi due tematiche molto importanti su cui manca ancora un accordo, nonostante giorni interi di discussione: il Paris Rulebook (le regole per attuare l’Accordo di Parigi) ed un modello comune di trasparenza nella comunicazione dei risultati di decarbonizzazione dei vari Stati.

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Per il resto, non sembrano esserci significativi cambiamenti rispetto alla prima bozza. Resta invariato l’obiettivo di rimanere sotto 1,5°C di riscaldamento globale dai livelli pre-industriali, così come il taglio delle emissioni di CO2, al 2030, del 45% rispetto al 2010 (fino a zero emissioni nette intorno al 2050) e la riduzione delle emissioni di altri gas serra. Ribadito il riconoscimento, tutto teorico, dell’importanza del ruolo di giovani, donne e comunità indigene e locali nella lotta alla crisi climatica. Non cambia nulla neanche per l’aggiornamento urgente degli obiettivi di decarbonizzazione dei Paesi che non lo hanno ancora fatto, mentre sparisce la possibilità di un ulteriore aggiornamento entro fine 2022.

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Dopo la Cop26, la seconda bozza del documento finale prevede anche summit tra i ministri dei vari Stati firmatari dell’Accordo di Parigi, a partire dal 2022. Presentata come “tavola rotonda ministeriale di alto livello sulle ambizioni pre-2030”, rischia di essere l’ennesimo vertice di ‘bla bla bla’. C’è grande delusione dalle ong come Oxfam, che spiega: “Mancano elementi vitali, come piano finanziario per perdite e danni che è stato proposto la scorsa notte dal gruppo del G77 dei paesi in via di sviluppo“. Delusa anche Jennifer Morgan di Greenpeace: “La frase chiave sull’eliminazione graduale dei sussidi al carbone e ai combustibili fossili è stata indebolita in modo critico, inoltre gli impegni richiesti agli Stati si indeboliscono sempre di più“. Anche lord Nicholas Stern, economista attento ai problemi ambientali, crede che la nuova bozza non basterà: “Il testo è più specifico e propositivo del precedente, ma non garantisce affatto di non superare 1,5°C“.