Consumo di suolo, all’Italia costa oltre 400 milioni all’anno

Tra gli effetti più dannosi, la perdita di servizi ecosistemici e la riduzione del cosiddetto ‘effetto spugna’. Un problema grave, considerando anche le conseguenze sempre peggiori del cambiamento climatico nel nostro Paese.

Il consumo di suolo in Italia rallenta ma resta ancora a livelli troppo alti, con danni non solo ambientali ma anche economici. Lo certifica il nuovo rapporto ufficiale presentato dall’Ispra sui dati del 2023: l’eccessiva cementificazione nel nostro Paese causa la perdita di servizi ecosistemici e, in particolare, la riduzione dell’effetto spugna, cioè la capacità di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico. Un problema gravissimo, specialmente alla luce degli effetti del cambiamento climatico, e che costa all’Italia oltre 400 milioni di euro all’anno.

Nonostante il rallentamento rispetto all’anno precedente, il consumo di suolo in Italia avanza al ritmo di circa 20 ettari al giorno, con 72,5 km² ricoperti. Una crescita ancora superiore alla media del decennio 2012-2022 e solo in minima parte compensata dal ripristino di aree naturali tramite operazioni come il recupero di aree di cantiere. Tra i settori economici più colpiti dal consumo di suolo c’è indubbiamente quello agricolo, che nel 2023 ha visto la perdita di ben 4.000 ettari di terreni.

I tre Comuni italiani che hanno fatto meglio sul fronte del risparmio di suolo sono Trieste, Bareggio (Milano) e Massa Fermana (Fermo). Si tratta però di eccezioni virtuose, dal momento che nel 2023 sono stati cementificati oltre 21.500 km² e le nuove impermeabilizzazioni permanenti, rispetto al 2022, sono aumentate di 26 km². Inevitabile, come conseguenza, la perdita di aree verdi, specialmente nei centri urbani: tra cantieri, edifici e piazzali asfaltati, meno di un terzo degli abitanti delle nostre città riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi.

Alla presentazione del rapporto Ispra hanno partecipato dirigenti, tecnici ed esponenti politici. Un’occasione di confronto ma anche di riflessione su alcuni dati preoccupanti, come l’aumento del consumo di suolo in aree a pericolosità idraulica media e in quelle a pericolosità da frana. Solo Valle d’Aosta e Liguria hanno consumato meno di 50 ettari di suolo, mentre gli incrementi maggiori sono avvenuti in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521).

Una parziale, buona notizia, arriva da Roma: la Capitale per la prima volta fa registrare una riduzione del consumo di suolo rispetto all’anno precedente (+71 ettari rispetto ai 124), ma è ancora uno dei Comuni con il consumo di suolo più alto oltre ad essere quello più esteso d’Italia. Perdite significative di suolo si sono verificate anche a Uta (Cagliari) e a Ravenna. A contribuire principalmente al consumo di suolo sono settori economici come la logistica, la grande distribuzione e l’e-commerce, con il fenomeno concentrato principalmente nel Nord Italia e in particolare in Regioni come Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.

La perdita di suolo e quella conseguente dei servizi ecosistemici si confermano ancora una volta direttamente legate ad un notevole danno economico: l’impatto stimato nel periodo compreso tra il 2006 e il 2023 si aggira tra i 7 e i 9 miliardi di euro all’anno. Un dato che aumenta nel caso della perdita assoluta di capitale naturale, attestandosi tra i 19 e i 25 miliardi di euro.