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Tutti i brand sotto accusa.

Diverse grandi multinazionali, come Coca-Cola e Unilever, hanno annunciato di aver adottato imballaggi di plastica sostenibili. Ma le cose stanno davvero così? Sembrerebbe proprio di no, nonostante i toni trionfalistici sull’utilizzo di plastica riciclata o recuperata dalle zone costiere (la cosiddetta ‘ocean-bound’). La Changing Markets Foundation ha infatti accusato alcuni dei più grandi brand al mondo di greenwashing. Anche perché ci sono ben poche prove della effettiva sostenibilità delle scelte aziendali. “Tanti annunci, che ingannano i consumatori. Ed è solo la punta dell’iceberg. Servono regole chiare e severe per prendere seriamente questo tema” – spiega George Harding-Rolls di Cmf al Guardian – “Tutta l’industria afferma di essere sostenibile ma poi aggrava l’inquinamento da plastica. I consumatori sono vittime di bugie continue“.

Sotto accusa anche Skims, l’azienda di vestiti e accessori di Kim Kardashian. Gli imballaggi sono compostabili, ma solo ufficialmente, con lo slogan ‘Non sono plastica’. All’atto pratico, però, come viene denunciato sul sito di Cmf, si tratta di plastica di tipo 4, quella a bassa densità di polietilene. Altri esempi: Coca-Cola si definisce sostenibile, ma dimentica di essere il principale inquinatore di plastica al mondo. Non va meglio alle altrettanto famose Mentos, prodotte da Perfetti-Van Melle: c’è un nuovo incarto che viene dichiarato più sostenibile, ma in realtà è un composto non riciclabile ottenuto da carta, alluminio e plastica.

Anche la grande distribuzione organizzata non è esente da accuse di greenwashing. Mercadona, la maggiore catena di supermercati spagnola, dopo il divieto alle posate in plastica si è limitata a definire le proprie riutilizzabili, senza fornire alcuna alternativa. Idem per Tesco, con i nuovi imballaggi di plastica riciclabili solo a parole (vanno riportati al negozio e non tutti gli store li accettano, ma soprattutto non ci sono garanzie sul loro effettivo riciclo). Ci sono poi gli shampoo Head and Shoulders, con le nuove bottiglie ottenute da plastica raccolta sulle coste, ma che non possono essere ulteriormente riciclate. Unilever, invece, ha scelto bottiglie in PET riciclabili, con saponi e detersivi in sacchetti per incoraggiare la ricarica. I sacchetti però non sono riciclabili e contengono solo due ricariche.

Questi sono solo alcuni esempi. A denunciare un greenwashing sempre più diffuso, oltre a Changing Markets Foundation, c’è anche Zero Waste Europe. Le loro accuse funzionano, anche perché diverse multinazionali chiamate in causa ammettono e promettono di poter fare molto di più sul fronte della sostenibilità. Alle dichiarazioni trionfalistiche, però, devono seguire azioni effettive.