Clima, allarme West Nile in Europa sempre più concreto

Uno studio ha dimostrato, per la prima volta, la correlazione di causalità tra il cambiamento climatico e le epidemie di questo virus che ha già raggiunto da tempo l’Italia. 

La febbre del Nilo occidentale, o West Nile, si sta diffondendo sempre di più in Europa a causa del cambiamento climatico. Un allarme già lanciato da tempo da medici e ricercatori, e supportato dai dati epidemiologici che non hanno risparmiato neanche l’Italia. Ora, però, uno studio pubblicato su Nature Communications conferma il virus come un agente patogeno emergente in Europa e una seria minaccia per la salute pubblica proprio a causa della crisi del clima.

La West Nile, che tra i vettori ha le zanzare che possono trasmettere il virus all’uomo, nella maggior parte dei casi si manifesta in maniera asintomatica, ma nel 25% delle infezioni umane ci possono essere sintomi come febbre e cefalea e nell’1% dei casi può portare alla morte. Lo studio di alcuni ricercatori dell’Università di Bruxelles, svolto anche con strumenti di apprendimento automatico per prevedere il rischio di circolazione e diffusione del virus, ha dimostrato una netta correlazione di causalità tra i cambiamenti climatici e la probabilità di epidemie.

I ricercatori hanno spiegato che le dimensioni dei focolai registrati negli ultimi anni in Europa sono strettamente collegate alla densità di popolazione, ma anche a quelle condizioni climatiche che si manifestano in maniera più evidente nel nostro Continente, e in particolare proprio nel bacino del Mediterraneo. In Italia, negli ultimi anni, ci sono stati centinaia di casi e decine di morti. La sfida è ora studiare l’evoluzione delle epidemie in rapporto ai possibili scenari di cambiamento climatico, in modo da rendere le autorità sanitarie più preparate ad adottare strategie di monitoraggio e di intervento.

Quanto accertato dai ricercatori, comunque, conferma le affermazioni di vari medici ed esperti di salute pubblica: molte malattie emergenti trovano condizioni favorevoli alla loro diffusione proprio grazie alla crisi del clima. Come aveva spiegato Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale, in un’intervista a TeleAmbiente di qualche mese fa.