“Il tema della circolarità, seppur previsto all’interno del Clean industrial deal, manca della centralità che dovrebbe avere”, Benedetta Scuderi (Verdi/ALE).
Il 26 febbraio 2025 la Commissione europea ha lanciato il “Clean industrial deal“, ovvero il Piano per l’industria pulita, un pacchetto strategico per intraprendere azioni di supporto alle imprese, trasformare la decarbonizzazione in un’opportunità di crescita e che mobiliterà secondo le previsioni oltre 100 miliardi di euro.
L’obiettivo del Clean industrial deal è, di fatto, attuare il green deal. La priorità sono le misure volte alla sostenibilità, andando incontro anche alle esigenze delle aziende, abbassare i prezzi dell’energia, valorizzare la circolarità e creare posti di lavoro.
Come ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen nella conferenza di presentazione del piano, entro giugno “togliamo freni alle imprese”, che, considerando la concorrenza globale e i costi hanno bisogno, di supporto “urgente”.
Ma quanto è davvero sostenibile questo Clean industrial deal? Il commento da Buruxelles di Benedetta Scuderi, europarlamentare (Verdi/ALE).
“Da una parte quello che critichiamo è un po’ la mancanza di visione strategica, non c’è una comprensione di quella che può essere l’industria del futuro. – ha dichiarato a TeleAmbiente Scuderi – E poi ci sono delle criticità per quanto riguarda il tema della circolarità che, seppur previsto all’interno del Clean industrial deal, manca della centralità che dovrebbe avere. L’Europa non è ricca di risorse vergini, la circolarità permette un impatto minore nell’estrazione, ma anche nella produzione e nelle emissioni perchè ha una maggiore efficienza energetica. Così come per l’elettrificazione diretta di quei processi ad alta intensità energetica per cui c’è già la possibilità di elettrificare direttamente, come per l’acciaio. Sarà poi necessario che tutti questi fondi vengano corredati da condizionalità sociali, per essere certi che si mantengano posti di lavoro, che ce ne siano di qualità, e che si possano includere nel mondo del lavoro tutte quelle persone che sono sistematicamente tagliate, e che non ci sia un offshoring delle produzioni, come sta avvenendo in questo momento. E ancora, che ci sia il diritto alla formazione, quindi lavoratori e lavoratrici possano effettivamente formarsi per i lavori del futuro“.
Cosa troviamo nel Clean industrial deal
Il patto presenta misure volte a dare impulso a tutte le fasi della produzione, concentrandosi in particolare sui settori seguenti:
-settori ad alta intensità energetica come la siderurgia, la metallurgia e l’industria chimica, che hanno urgente bisogno di sostegno per decarbonizzarsi, passare a fonti energetiche pulite e per far fronte ai costi elevati, alla concorrenza sleale a livello mondiale e alla complessità del quadro normativo;
-il settore delle tecnologie pulite, che sarà centrale per la competitività futura, oltre a essere necessario per la trasformazione industriale, la circolarità e la decarbonizzazione;
– la circolarità, che punta a ridurre i rifiuti e prolungare la vita dei materiali promuovendo il riciclaggio, il riutilizzo e la produzione sostenibile. Sfruttare al meglio le risorse limitate dell’UE e ridurre le eccessive dipendenze dai fornitori di paesi terzi per quanto riguarda le materie prime è fondamentale per un mercato competitivo e resiliente.
A strong economy, competitiveness, and a clean future—we’re making it happen.
Europe’s rich industrial heritage has a bright future ahead.
The #CleanIndustrialDeal is our plan to support industry to make it sustainable, competitive, and future-ready ↓ pic.twitter.com/urBRMFsNej
— European Commission (@EU_Commission) February 26, 2025
Il documento completo del Clean industrial deal
“L’adozione del Clean Industrial Deal rappresenta un’opportunità da non sprecare per mettere in campo un’ambiziosa politica industriale, strettamente integrata con gli obiettivi del Green Deal, in grado di accelerare una giusta transizione verso la neutralità climatica e favorire la competitività dell’economia e delle imprese europee. – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Ed affermare così la leadership europea nel mercato globale delle tecnologie pulite, che l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) valuta in almeno 2mila miliardi di dollari entro il 2035. Solo in questo modo sarà possibile accelerare la transizione verso un’economia europea libera da fonti fossili, circolare ed a zero emissioni. Ben venga perciò il contributo del Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili, che deve mettere in campo misure ambiziose non solo per le rinnovabili ma anche per l’efficienza energetica. A condizione, però, che non si ceda alle sirene della deregulation come invece sta purtroppo accadendo per il primo Pacchetto Omnibus di semplificazione, riguardante la rendicontazione di sostenibilità delle imprese, del loro dovere di diligenza ai fini della sostenibilità e della tassonomia ossia del regolamento sulla classificazione comune delle attività economiche sostenibili. Si tratta di una vera e propria deregulation dell’attuale normativa sulla finanza sostenibile. Un preoccupante passo indietro che non aiuta la competitività delle imprese europee ed ostacola la promozione di pratiche commerciali responsabili, di protezione dei diritti umani e del lavoro, dell’ambiente, e di rafforzamento della capacità produttiva delle filiere nazionali e internazionali secondo i più elevati standard di qualità sociale e ambientale”.