Roma. Paura in mare e nuovo rischio per il pianeta. La petroliera iraniana Sanchi che lo scorso 6 gennaio si era scontrata con un mercantile nelle acque del Mar della Cina, è definitivamente affondata. A comunicarlo, la BBC dopo la diffusione della notizia dai media cinesi. A far temere per un possibile danno ambientale, anche l’esplosione a bordo della petroliera, in seguito allo scontro.
Sull’imbarcazione erano presenti oltre 136 tonnellate di petrolio ultraleggero per cui ora si temono le conseguenze della diffusione in mare. A smentire il rischio sono le autorità cinesi, secondo cui non ci sarebbe “nessuna grossa chiazza” di petrolio.
Grande preoccupazione per l’enorme quantità di petrolio dispersa, mentre minimizzano alcuni esperti secondo cui gli idrocarburi sarebbero troppo “volatili, per cui la maggior parte si è dispersa nell’atmosfera causando meno conseguenze per l’acqua”. Il che comunque rappresenterebbe un grave danno all’ecosistema.
Nessuna speranza invece per i 29 marinai dispersi che, secondo le il portavoce della squadra di soccorso, sarebbero “stati uccisi durante la prima ora successiva all’incidente a causa della potenza dell’esplosione e dei fumi di gas”. Dall’Iran intanto è arrivata la notizia del recupero di tre corpi.
La petroliera era parte della National Iranian Tanker Company (Nitc) e trasportava prodotti in consegna alla società sudcoreana Hanwha Total. Al momento dell’incidente si trovava a 300 km a est da Shanghai.