Dai cassonetti gialli presenti nei Comuni italiani a quelli di Humana. Dove possiamo buttare i nostri vestiti usati? E soprattutto, che fine fanno?
Dal 1 gennaio 2022 in Italia è scattato l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili, anticipando la normativa europea che prevede l’attivazione della raccolta separata di questo tipo di rifiuto a partire dal 2025.
Tra i motivi per cui si è arrivati a regolarizzare la raccolta differenziata degli abiti usati c’è sicuramente l’impatto ambientale generato dalla quantità e dagli sprechi legati all’industria dell’abbigliamento e dei tessuti, specie quando si tratta di fast fashion. Il modello di business della “moda veloce“, che vede tra i principali brand il colosso cinese Shein, H&M, Zara e molti altri, ha portato alla creazione di una delle discariche di vestiti usati più grande del mondo in Ghana. Basta pensare che ogni anno un cittadino europeo getta in media 11 kg di prodotti tessili e, nel mondo, ogni secondo un camion di indumenti viene smaltito in discarica o incenerito.
Rimettere in circolo i tessuti è quindi di primaria importanza: lo scopo è intercettarli prima che arrivino in discarica in modo da sfruttarne le fibre in modi diversi.
Ti sei mai chiesto che fine fanno gli abiti usati che getti negli appositi cassonetti?
Nei comuni italiani è possibile trovare i cosiddetti cassonetti gialli dove possono essere inseriti, chiusi in buste, tutti i capi di abbigliamento e accessori, incluse biancheria intima, scarpe e borse, ma anche stoffe, tende, lenzuola, tovaglie, coperte e tappeti.
Il comune di Roma sul sito Ama Roma Spa mette a disposizione dei cittadini una mappa dei cassonetti gialli presenti sul territorio. QUI LA MAPPA
Alcuni cittadini segnalano, però, la mancanza di alcuni cassonetti nei luoghi indicati dalla mappa. Abbiamo verificato di persone se ci sono realmente i cassonetti vicini alla nostra redazione (Via Galilei 55, Roma). Uno sì, l’altro no.
Ma lo sai che c’è chi potrebbe usare i tuoi abiti per i propri guadagni?
Un’inchiesta fatta dalle Iene del 2019 dimostrò come, tracciando con il GPS il percorso di un abito gettato in uno dei cassonetti gialli con la scritta Caritas, questo fosse finito in un’azienda che rivende questi abiti in tutto il mondo. Il responsabile dell’azienda spiegò che i vestiti venivano acquistati a 40 centesimi al kg, per poi essere rivenduti dai 3 ai 5 euro. Si tratta di un business che, in realtà, va ad arricchire aziende spesso legate alla criminalità organizzata.
Per quello che va a finire nei cassonetti gialli non in tutti i casi la gestione è completamente trasparente. Spesso gli abiti finiscono in una prima area dove vengono selezionati e la parte migliore ha una seconda vita. Sulla parte rimanente, invece, è lì che non è sempre garantito una corretta gestione. A spiegarcelo in un’intervista Raffaele Guzzon, presidente di Erion Textiles, il Consorzio dedicato alla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) nato per assicurare una gestione efficiente del fine vita dei prodotti tessili finiti.
Abbigliamento usato, dono o rifiuto? Legalità o illegalità?
Quali sono gli abiti destinati a riciclo e quali donati? A risponderci a questa domanda è stato Andrea Fluttero, presidente UNIRAU.
“Per noi di UNIRAU è molto importante spiegare ai cittadini come funziona questa filiera per evitare equivoci, soprattutto sulla distinzione tra dono e rifiuto“, spiega Fluttero. Pertanto, se volete donare rivolgetevi ad una onlus, non gettate i vestiti nei cassonetti gialli o bianchi dei vostri comuni.
I cassonetti di Humana
“Non tutti i contenitori sono uguali, informatevi sempre sull’organizzazione a cui decidete di affidare i vostri capi“. A dirlo è Humana People to People Italia, un’organizzazione umanitaria, politicamente indipendente e laica, nata nel 1998 per sostenere progetti di sviluppo nel Sud del mondo e azioni sociali e di sensibilizzazione in Italia.
Da ben 25 anni l’organizzazione è impegnata nella raccolta, selezione e vendita di abiti su tutto il territorio italiano attraverso una rete consolidata di oltre 5.000 contenitori (in 37 province italiane, in accordo con circa 1.000 Comuni), 6 sedi operative e 16 negozi. Dal 1998 hanno abbiamo raccolto oltre 355.000 tonnellate di vestiti.
Il 65,1% è destinato al riutilizzo ed è valorizzato ad esempio negli store Humana Vintage Italia o Humana People Store o sull’e-commerce. Il 28,5% è avviato a riciclo attraverso il recupero delle fibre tessili, l’utilizzo dei tessuti come pezzame industriale o la trasformazione in materiali per l’edilizia. Il 6,4%, è destinata al recupero energetico.
QUI la mappa dei contenitori Humana
Visualizza questo post su Instagram
La raccolta porta a porta degli abiti usati
Il comune di Gavirate in provincia di Varese, dopo una serie di segnalazioni di abiti abbandonati vicino ai cassonetti, ha avviato la raccolta “porta a porta” di abiti usati.
Il servizio è stato assegnato al gestore dei rifiuti RTI Econord-Tramonto Acinque nell’ambito dell’appalto esistente. Gli utenti dovranno esporre gli indumenti usati in sacchi semi-trasparenti nelle date indicate sul calendario ecologico. Il recupero della parte tessile avverrà 4 volte all’anno, una per ogni stagione. Un’ottima iniziativa per incentivare la raccolta differenziata dei vestiti.