Home Attualità Case green, in Italia 5 milioni di edifici su cui intervenire

Case green, in Italia 5 milioni di edifici su cui intervenire

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La direttiva europea, seppur rivista al ribasso, entrerà in vigore a breve. I dati che spiegano perché il nostro Paese si trova in una situazione più complessa rispetto al resto dell’Ue.

La direttiva europea Case green, e le sue priorità di applicazione, sono chiarissime: è necessario intervenire, prima di tutto, su quegli edifici residenziali che si trovano in classe energetica F e G e che hanno maggior bisogno di essere resi efficienti. In Italia, si stima siano all’incirca 5 milioni. Anche se meno ambiziosa rispetto alla versione originale, la direttiva europea è sempre più vicina alla sua entrata in vigore (tra la fine di marzo e l’inizio di aprile).

Diversamente dal testo originale, la direttiva prevede che siano i singoli Stati membri a definire in autonomia il modo in cui raggiungere gli obiettivi generali stabiliti dall’Unione europea. L’Italia, in base all’articolo 9, dovrà ridurre il consumo medio di energia del proprio patrimonio residenziale, arrivando a zero emissioni nel 2050 (e con tappe intermedie di riduzione del 16% al 2030 e del 20-22% al 2035). Il governo, non avendo una class energetica minima da rispettare, sta pensando di partire proprio da quelle case che sono più energivore e meno efficienti: un po’ perché quelle più nuove forniscono prestazioni migliore, un po’ perché la direttiva europea prevede che almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori.

A fornire le stime è Il Sole 24 Ore: su circa 12 milioni di edifici residenziali, quelli con le prestazioni peggiori sono circa cinque milioni. Non tutte, però, hanno la cosiddetta ‘pagella energetica’ e quindi il database dell’Enea potrebbe non bastare a individuare gli edifici effettivamente meno performanti. Sempre Il Sole 24 Ore segnala che sono gli Stati membri, e non l’Ue, a stabilire eventuali esenzioni per alcuni tipi di edifici (come quelli religiosi o temporanei, fabbricati destinati all’agricoltura, le seconde case usate per meno di quattro mesi all’anno, gli edifici autonomi con superficie inferiore ai 50 m², gli immobili delle forze armate o con scopi di difesa). Queste esenzioni sono applicabili a milioni di immobili, e c’è un dato che spiega bene perché la situazione in Italia è più complessa rispetto ad altri Paesi Ue: secondo l’Istat, 3,1 milioni di case sono state costruite prima del 1945 e 1,8 milioni prima del 1918. Sono proprio questi edifici quelli con le prestazioni energetiche peggiori: il 67% di quelli costruiti prima del 1945 rientra nelle classi F e G.

Decisivo sarà il modo in cui l’Italia recepirà la direttiva europea, ma anche le risorse disponibili e le agevolazioni previste. Gli interventi più utilizzati, quasi certamente, saranno la coibentazione di tetti e pareti, il cambio delle finestre e, in misura minore, gli interventi sugli impianti di riscaldamento.