Calo della fecondità e famiglie più ristrette, nuovo report dell’Istat

Calo della fecondità e famiglie più ristrette, nuovo report dell’Istat

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Con 1,18 figli per donna si registra un calo della fecondità e viene superato il minimo di 1,19 del 1995, anno nel quale nacquero 526mila bambini

Calo della fecondità, famiglie ristrette, natalità in discesa, boom di emigrazioni verso l’estero e calo demografico più sensibile nel Sud Italia. Sono alcuni dei dati che emergono dal report dell’Istat sugli indicatori demografici nel 2024.

La situazione demografica in Italia

In Italia il 2024 evidenzia una dinamica demografica per molti versi in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici. Ma il dato che colpisce maggiormente è il calo della fecondità che tocca il minimo storico di 1,18 figli per donna. Al 31 dicembre 2024 la popolazione residente conta 58 milioni 934mila individui, in calo di 37mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente.

Il calo della natalità e della fecondità

Nel 2024, secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono 370mila, in diminuzione di circa 10mila unità (-2,6%) rispetto all’anno precedente. Il tasso di natalità si attesta al 6,3 per mille, contro il 6,4 per mille del 2023. La fecondità nel 2024 è stimata in 1,18 figli per donna, sotto il valore osservato nel 2023 (1,20) e inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. La contrazione della fecondità riguarda in particolar modo il Nord e il Mezzogiorno. Infatti, mentre nel Centro il numero medio di figli per donna si mantiene stabile (pari a 1,12), nel Nord scende a 1,19 (da 1,21 del 2023) e nel Mezzogiorno a 1,20 (da 1,24).

Età media del parto

Accanto alla riduzione della fecondità, nel 2024 continua a crescere l’età media al parto, che si attesta a 32,6 anni (+0,1 in decimi di anno sul 2023). Il fenomeno della posticipazione delle nascite è di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità, poiché più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale a disposizione delle potenziali madri per la realizzazione dei progetti familiari. L’aumento dell’età media al parto si registra in tutto il territorio nazionale, con il Nord e il Centro che continuano a registrare il valore più elevato: rispettivamente 32,7 e 33,0 anni, contro 32,3 anni del Mezzogiorno.

In Trentino-Alto Adige la fecondità più elevata

Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. Per la prima, il numero medio di figli per donna scende a 1,27 (contro 1,32 del 2023), mentre in Campania la fecondità passa da 1,29 a 1,26. La Sardegna si conferma la regione con la fecondità più bassa: nel 2024, il numero medio di figli per donna è pari a 0,91, stabile rispetto al 2023.

Famiglie ristrette

Se da una parte il numero delle famiglie aumenta di oltre 4 milioni risetto agli inizi degli anni duemila, all’atra si registra una semplificazione delle strutture familiari, sia nella dimensione sia nella composizione. Oggi oltre un terzo delle famiglie è formato da una sola persona (il 36,2%), mentre 20 anni fa questa tipologia rappresentava appena un quarto delle famiglie (25,5%). Le famiglie composte da almeno un nucleo, in cui cioè è presente almeno una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio, sono il 61,3%.

“Scenario allarmante”

I dati Istat certificano lo scenario allarmante di una glaciazione demografica, sono sintomatici di un Paese senza speranza e fiducia nel futuro, al quale non basta certo qualche bonus né tantomeno un retorico Ministero della Natalità. Ciò che serve con urgenza sono forti politiche strutturali per dare certezze, soprattutto ai giovani: la certezza di solide prospettive di lavoro e reddito; lavoro stabile e ben retribuito per consentire di formare una famiglia e decidere di avere dei figli; congedi adeguatamente remunerati e paritari; la certezza di una casa e di una rete di servizi per l’infanzia, a partire da asili nido diffusi nel territorio, accessibili e gratuiti”. È quanto dichiara la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi.

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