Home Breaking News CACCIA ALLA ZANZARA. RICERCATRICE ITALIANA LANCIA LA SFIDA

CACCIA ALLA ZANZARA. RICERCATRICE ITALIANA LANCIA LA SFIDA

Due ricercatrici italiane al lavoro in laboratorio, impegnate nella ricerca per combattere le zanzare, sorridono davanti a un microscopio.
Giovanna Carpi, veterinaria e ricercatrice a Baltimora

Di Elena Dusi da La Repubblica

In Africa è andata per combattere l’animale più pericoloso del mondo: la zanzara. Nelle sue mani ha le armi più avanzate che la tecnologia sappia offrire: apparecchi per leggere il Dna. “Non dimentichiamo mai, nel nostro lavoro, che in ballo ci sono le vite di moltissimi bambini ” racconta. Giovanna Carpi, 39 anni, ha studiato veterinaria a Bologna e Torino. Poi, dieci anni fa, ha fatto le valigie per gli Stati Uniti. Oggi da ricercatrice alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora combatte contro una malattia infettiva che uccide 400mila persone ogni anno, soprattutto bambini: la malaria.

“Il mio contributo? Un nuovo metodo di sequenziamento genetico. Prevede la lettura del Dna del parassita che provoca la malattia, il Plasmodium falciparum, direttamente dalla zanzara. Ho iniziato a metterlo a punto prima a Torino e alla Fondazione Edmund Mach di Trento, poi a Yale”. In Italia Carpi ha studiato le malattie portate da altri animali, soprattutto le zecche. Ma oggi la grande guerra, quella che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe portarci all’eliminazione del 90% dei casi di malaria entro il 2030, si combatte altrove: negli angoli più poveri e più ricchi del mondo. In Africa, cioè, “dove le case a volte sono così spoglie da non potersi permettere nemmeno una zanzariera. E dove in una settimana di lavoro puoi raccogliere migliaia di campioni di zanzare da sequenziare”. E negli Stati Uniti, dove “fondazioni private ed enti pubblici come i National Institutes of Health hanno deciso di investire seriamente nella lotta alla malaria”.

Più di un terzo dei 2,9 miliardi di dollari spesi oggi nel mondo per la lotta alla malaria arrivano dagli Stati Uniti. “Combattere questa malattia è diventato un obiettivo per il paese”. Alla Johns Hopkins, ma non solo, si trovano apparecchi per il sequenziamento del Dna fra i più potenti del mondo. “Il nostro centro ha deciso di trasferire parte dei suoi strumenti e dei suoi ricercatori nello Zambia. “Con il Dna possiamo seguire l’evoluzione dei parassiti” spiega Carpi. “Capire da dove vengono, se rischiano di diventare resistenti agli insetticidi (per quanto riguarda le zanzare) o ai farmaci per curare la malaria”. La selezione naturale, infatti, a volte fa riprodurre i ceppi più resistenti alle nostre armi, proprio come accade con gli antibiotici. Zanzariere e prodotti chimici in alcuni casi riescono a debellare o quasi una popolazione di zanzare. “Ma loro sono grandi migratrici. Quando ci sembra di aver messo un’area sotto controllo, ecco che un nuovo ceppo di zanzare arriva da un’altra zona. Questi movimenti possono essere tracciati con l’uso del Dna”. Conoscere il nemico fin nei dettagli è il primo segreto per debellarlo. “Consente ad esempio di ritagliare il vaccino con più precisione, rendendolo più efficace. Questo non vale solo per la malaria, ma per molte malattie, trasmesse anche da altri vettori”. E non solo in Africa. Molte delle ultime epidemie, da Zika all’aviaria, ci hanno infatti preso in contropiede. Hanno guadagnato terreno anche grazie alla lentezza della nostra risposta. “Leggere il genoma ci aiuta a collocare rapidamente l’origine e il percorso di un’infezione” è convinta Carpi.

Zanzare, virus, infezioni in genere sono bersagli mobili. “Hanno grande variabilità genetica, anche all’interno di una stessa popolazione. E questa è una grossa difficoltà per noi”. Viaggiano rapidamente nello spazio. Usano i mezzi di trasporto degli umani per ottenere comodi passaggi. “Il cambiamento climatico e le altre modificazioni ecologiche spostano le aree di diffusione di molti patogeni, spesso spiazzandoci “. La sorveglianza contro le nuove infezioni deve restare alta. “E la strada migliore è quella di trasferire le tecnologie direttamente nei paesi colpiti, addestrando gli scienziati locali”.

Il professore Aldo Morrone, specializzato in Dermatologia e Venerologia esperto nelle patologie tropicali e malattie della povertà, ha raccontato ciò che succede in Africa in un’intervista realizzata da Ta1news.