Settimana di sconti, ma a pagarne il vero prezzo è l’ambiente. Dal Black Friday al fast fashion, ecco le conseguenze sull’ambiente legate alle nostre scelte di consumo non consapevoli e poco sostenibili.
Il 70% degli italiani dichiara che anche quest’anno effettuerà almeno un acquisto, principalmente prodotti di elettronica, scarpe, moda e cosmetici, in occasione del Black Friday, e lo farà attraverso piattaforme online. Si tratta di un’occasione che cade proprio in vista del Natale e in cui la cultura del consumismo trova la sua espressione più estrema.
Il WWF ricorda che si può cercare di approfittare degli sconti senza abusare inutilmente delle risorse del Pianeta, sottolineando come questo impennata di acquisti comporta un costo ambientale significativo.
Black Friday, settimana di sconti (non per l’ambiente): i dati diffusi dal Wwf
Durante la settimana di sconti il trasporto su gomma delle merci verso magazzini e negozi di tutta Europa rilascia nell’atmosfera oltre 1 milione di tonnellate di CO2, il 94% in più di una settimana media, senza tenere contro delle emissioni per le consegne degli acquisti online che in Italia rappresentano la maggior parte degli acquisti.
In sostanza, ammonterebbero a circa 500.000 le tonnellate di CO2eq rilasciate nell’atmosfera in Italia durante la settimana del Black Friday.
Inoltre, c’è una scarsa consapevolezza dell’impatto ambientale legato a ogni acquisto: solo 1 italiano su 10 si rende conto dell’alto costo ambientale che si nasconde dietro il prezzo basso dei prodotti acquistati. I più attenti al tema sono risultati essere i ragazzi della GenZ. I meno sensibili alla questione ambientale legata allo shopping compulsivo sono invece i Boomers dai 59 anni in su.
Fast fashion e Black Friday, chi offre di meno?
Il Black Friday attrae gli acquirenti con capi all’ultima moda a prezzi imbattibili. Si tratta di una modalità di consumo adottata da molti brand che si racchiude nel modello di business del fast fashion. Shein, Temu, ma anche H&M e Zara, sono noti per essere al passo con le tendenze a prezzi da urlo.
Ma dietro questo acquisto smodato di vestiti, si nasconde un lato oscuro. L’industria tessile è tra le più impattanti per l’ambiente. E in tema di Black Friday è evidente il legame con il cambiamento climatico: gli sconti e la corsa agli acquisti spingono i produttori a produrre sempre più beni, el a maggiore produzione di beni si associa alla maggiore produzione di CO2.
Negli ultimi 15 anni, si è ridotto del 36% il tempo di utilizzo dei vestiti, che sono diventati spesso articoli usa e getta, con gravi problemi di uso insostenibile di materie prime e produzione di rifiuti, spiega sempre il Wwf.
In Italia, per abbigliamento, calzature e tessuti, vengono immessi sul mercato 23 kg di prodotti l’anno per abitante. In questo siamo primi in Europa, a fronte però di una raccolta di rifiuti di soli 2,7 kg pro-capite, che corrispondono a circa 160mila tonnellate di rifiuti tessili prodotti in Italia. Una delle maggiori criticità del settore, infatti, è la gestione del fine vita dei vestiti e delle fibre tessili non riutilizzabili. A livello globale meno dell’1% dei rifiuti tessili viene riciclato per fare nuovi vestiti. Gran parte di questi rifiuti viene esportato e finisce in grandi discariche in Asia, Africa e Sud America. Secondo un’ultima indagine di Greenpeace ogni settimana circa 15 mln di vecchi abiti usati inquinano il Ghana.
I brand low cost producono annualmente milioni di tonnellate di rifiuti tessili sintetici, difficili da smaltire anche a causa delle sostanze chimiche nocive presenti al loro interno. Secondo alcune stime per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo. Inoltre, lavare prodotti sintetici ha portato a un accumulo pari a mezzo milione di tonnellate di microplastiche sul fondo degli oceani ogni anno.
In occasione della settimana del Black Friday, Vestiarie Collective ha lanciato una compagna contro il fast fashion coinvolgendo anche gli influencer. L’obiettivo è quello di educare i content creators e i loro followers verso scelte di consumo alternative e sostenibili, come capi di seconda mano e vintage.
Su Netflix è disponibile un nuovo documentario “Buy Now! The Shopping Conspiracy”, scritto e diretto da Nic Stacey, che svela il mondo dietro le quinte di grandi brand influenti, denunciando l’impatto ambientale e umano delle pratiche subdole del fast fashion, delle grandi aziende tecnologiche e dei rifiuti elettronici nella crisi dell’inquinamento da plastica.