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Alcuni batteri sono in grado di scomporre i PFAS

Alcuni batteri sono in grado di scomporre i PFAS Campione di batteri in laboratorio, capace di scomporre PFAS, in una piastra di Petri con guanti blu.

Uno studio dell’Università di Buffalo ha scoperto che un ceppo di batteri prelevato da un terreno contaminato riesce a rompere i legami dei PFAS.

I batteri potrebbero essere dei validi alleati per combattere l’inquinamento da PFAS. Uno studio del 2023 aveva già fatto ben sperare scoprendo due specie di batteri che potrebbero contribuire a depurare l’acqua dalle sostanze per-e polifluoroalchiche.

A questa scoperta si aggiunge quella degli scienziati dell’Università di Buffalo, negli Stati Uniti, che hanno esaminato la capacità di Labrys portucalensis F11 (per brevità F11), un ceppo batterico della famiglia Xanthobacteraceae, di biodegradare alcuni tipi di PFAS.

La ricerca ha scoperto la capacità di questi batteri di rompere i forti legami delle molecole che compongono queste sostanze chimiche particolarmente resistenti, tanto che vengono chiamate anche “inquinanti eterni”. La capacità dei PFAS di essere oleorepellenti, idrorepellenti e di resistere alle alte temperature, ha fatto sì che venissero ampiamente utilizzate nei settori industriali.

Scoperto un batterio che scompone 3 tipi di PFAS

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment, ha scoperto che, dopo un periodo di esposizione di almeno 100 giorni, F11 aveva metabolizzato più del 90% dell’acido perfluorottano sulfonico (PFOS). Quest’ultimo è uno dei composti più utilizzati dall’industria ed è impiegato specialmente per rendere carta, tessuti e tappeti resistenti ad acqua e grasso.

I batteri, con le stesse tempistiche, hanno scomposto anche altri due tipi di PFAS: il 58% dell’acido carbossilico fluorotelomerico 5:3 e il 21% del sulfonato fluorotelomerico 6:2.

Il legame tra atomi di carbonio e fluoro nel PFAS è molto forte, quindi la maggior parte dei microbi non può usarlo come fonte di energia. Il ceppo batterico F11 ha sviluppato la capacità di tagliare via il fluoro e mangiare il carbonio”, spiega l’autrice principale dello studio Diana Aga.

Rispetto a studi precedenti, questo ha preso in considerazione i prodotti a catena più corta, ovvero i metaboliti.

“Molti studi precedenti hanno solo segnalato la degradazione dei PFAS, ma non la formazione di metaboliti. Non solo abbiamo tenuto conto dei sottoprodotti dei PFAS, ma abbiamo scoperto che alcuni di essi continuavano a essere ulteriormente degradati dai batteri”, afferma Mindula Wijayahena, un altro degli autori dello studio.

Il ceppo di batteri F11 usato per la sperimentazione è stato isolato dal terreno di un sito industriale contaminato in Portogallo, dove aveva dimostrato la capacità di rimuovere il fluoro dai contaminanti farmaceutici, ma non era mai stato testato sui PFAS.

Se i batteri sopravvivono in un ambiente duro e inquinato, è probabilmente perché si sono adattati a usare gli inquinanti chimici circostanti come fonte di cibo, così da non morire di fame“, spiega Aga. “Attraverso l’evoluzione, alcuni batteri possono sviluppare meccanismi efficaci per usare contaminanti chimici per aiutarsi a crescere”.

Il team di scienziati vuole trovare un modo per velocizzare il processo di scomposizione operato da F11: “Dobbiamo dare alle colonie F11 abbastanza cibo per crescere, ma non abbastanza cibo da fargli perdere l’incentivo a convertire i PFAS in una fonte di energia utilizzabile”, afferma Aga.

Con ulteriori studi, il batterio F11 potrebbe essere impiegato in acqua e terreno contaminati da PFAS e negli impianti di trattamento delle acque reflue.

L’inquinamento da PFAS danneggia ambiente e salute

I risultati scientifici ottenuti finora hanno dimostrato che si possono sviluppare dei sistemi per eliminare sostanze chimiche pericolose come i PFAS dall’ambiente, ma questo non risolve il problema. Gli inquinanti eterni hanno contaminato acque e terreni di molti Paesi del mondo – anche l’Italia – con possibili conseguenze anche sulla salute delle persone.

Nel corso degli anni, numerosi studi hanno portato alla definizione dei PFAS, da parte dell’IARC, come sostanze “cancerogene per l’uomo”, riferendosi in particolare ai PFOA. L’esposizione a queste sostanze infatti, può causare gravi danni alla salute. Essendo degli interferenti endocrini, i PFAS sono correlati al rischio di contrarre alcune forme di cancro femminile (utero, ovaie, seno). Sono poi associati al rischio di tumori ai testicoli, ai reni, a danni alla fertilità e possono favorire alti livelli di colesterolo.