Home Attualità Ambiente, i faraglioni di Capri devastati dai pescatori abusivi VIDEO

Ambiente, i faraglioni di Capri devastati dai pescatori abusivi VIDEO

Due organizzazioni criminali campane hanno devastato buona parte dei faraglioni di Capri, usando addirittura martelli a percussione e esplosivi, tutto per estrarre i datteri di mare, molluschi venduti anche a 200 euro al chilo.

 

Sono state emesse 19 misure cautelari, tra cui 6 arresti in carcere e 6 ai domiciliari per le due bande di criminali che hanno devastato i faraglioni di Capri usando martelli pneumatici e addirittura esplosivi.

L’indagine condotta dalla Guardia di Finanza e durata tre anni ha portato alla luce l’opera deturpatrice dei malviventi, tutto per l’estrazione del dattero di mare, prezioso mollusco che viene venduto anche a 200 euro al chilo.

 

I reati contestati agli indagati sono associazione a delinquere aggravata finalizzata alla consumazione di delitti ambientali, inquinamento e disastro ambientale, danneggiamento e ricettazione. Dalle attività è emerso che le operazioni illegali di prelievo del dattero dai Faraglioni dell’isola azzurra hanno provocato una desertificazione dell’ecosistema (flora e fauna) sul 48% delle pareti subacquee dei famosissimi simboli di Capri.

Datteri di mare in vendita in macellerie, calzaturifici e autolavaggi

Gli indagati sono complessivamente un centinaio e fanno tutti parte di due associazioni, una napoletana, l’altra stabiese-caprese, alle quali il Reparto Operativo Aeronavale dei finanzieri hanno sequestrato tre locali commerciali, tra Napoli e Castellammare di Stabia. Lì i datteri venivano nascosti prima dell’immissione in commercio. Sequestrati anche una somma di denaro ritenuta profitto della vendita, due natanti utilizzati per recarsi sui punti di prelievo della specie protetta e tutta la strumentazione usata per estrarre il “dattero” dalle rocce calcaree.

. A coordinare le indagini, particolarmente complesse, sono stati i magistrati della V sezione della Procura di Napoli, in sinergia con la Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli. Nel corso delle intercettazioni (i colloqui erano in codice) durate qualche mese, è emerso che le attività di estrazione sono andate avanti anche durante il lockdown e che le due associazioni erano riuscite, in quel breve lasso di tempo, a estrarre ben 8 quintali di molluschi.

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Una attività nella quale è confluito e adoperato tutto l’impianto accusatorio elaborato di recente in materia di delitti ambientali, che si poggia, tra l’altro, sulle convenzioni internazionali dell’UE e delle Nazioni Unite tese a tutelare l’ecosistema e le specie marine.

 

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