Amazzonia, Greenpeace: “L’estrazione illegale di oro distrugge sempre più foreste”

Secondo Greenpeace, tra il 2019 e il 2021 in Amazzonia l’estrazione illegale di oro ha demolito uno scrigno di biodiversità più esteso del 202% rispetto agli habitat devastati nel decennio precedente.

Ben 20mila ettari di foreste distrutte nelle terre indigene di Kayapó, Munduruku e Yanomami, nell’Amazzonia brasiliana, tra il 2010 e il 2021 a causa dell’estrazione illegale di oro. A denunciarlo è stata Greenpeace dopo avere osservato un crimine di natura ormai inarrestabile. Secondo l’Organizzazione Non Governativa, tra il 2019 e il 2021 l’odioso fenomeno ha demolito uno scrigno di biodiversità più esteso del 202% rispetto agli habitat devastati nel decennio precedente. Insomma, un vero e proprio disastro ambientale. Anche perché l’estrazione illegale di oro implica l’utilizzo di grandi quantità di mercurio. Questo metallo inquinante finisce poi nel suolo, nei fiumi e nei laghi, così da contaminare l’acqua potabile fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni indigene dell’Amazzonia. L’invasione dei territori causa oltretutto conflitti tra i “garimpeiros” – cioè i cercatori di oro – e le comunità locali.

Secondo Greenpeace, nel 2022 l’Italia era al sesto posto a livello mondiale per valore del prezioso metallo importato, al primo nell’Unione Europea e al terzo in Europa, per un totale di 186 milioni di dollari.

L’estrazione illegale di oro distrugge a un ritmo allarmante aree preziose della foresta amazzonica, un ecosistema vitale non soltanto per le popolazioni indigene che ci vivono, ma anche per l’intero pianeta Terra“, ha dichiarato Martina Borghi, Responsabile Campagna Foreste di Greenpeace Italia.