La situazione è ancora di totale emergenza, ma oltre al dolore c’è rabbia tra la popolazione. Il disastro climatico, il consumo di suolo e l’allerta minimizzata e poi giunta quando si contavano già i primi morti.
Come ampiamente prevedibile, è salito il bilancio delle vittime dell’alluvione che ha colpito il Sud-Est della Spagna e in particolare la Comunità Autonoma di Valencia. Stando ai comunicati ufficiali delle autorità locali e nazionali, i morti sono almeno 158 ma il dato è destinato ad aumentare perché ci sarebbero diverse decine di dispersi. I servizi di soccorso alla popolazione stanno ancora tentando di accedere ai piccoli centri rimasti completamente isolati, anche a causa dei devastanti danni alle infrastrutture come i ponti. E gli sfollati sono almeno 120.000.
La ‘Dana del secolo’ e il cambiamento climatico
In Spagna, la Dana o Gota Fría, cioè una depressione isolata nei livelli alti, che avviene in autunno per effetto dello scontro tra le correnti polari e quelle calde del Mediterraneo, è un fenomeno abituale e molto conosciuto dalla popolazione. In alcune occasioni può causare ingenti danni e anche vittime, ma nella Comunità Valenciana quella degli ultimi giorni è già stata ribattezzata la ‘Dana del secolo’. Mai, prima d’ora, era accaduto un disastro climatico di simili proporzioni, peggiore anche di eventi che hanno segnato la popolazione come quelli del 1982 o del 1987. In poco più di otto ore, nelle zone più colpite, sono caduti quasi 490 millimetri d’acqua, quando la media annuale varia tra i 450 e i 500 millimetri. Di questo si tratta: non è semplice maltempo, ma una vera e propria emergenza climatica. Il Mediterraneo, che da anni ha temperature superficiali decisamente più alte della media storica ed è soggetto alla tropicalizzazione, come denunciato a più riprese dai climatologi, è diventato una sorta di catalizzatore che ha reso l’evento meterologico assolutamente estremo. Ciò a cui assistiamo, come confermato anche dal climatologo dell’ENEA Gianmaria Sannino, è esattamente quello che la quasi totalità della comunità scientifica annuncia da anni: il cambiamento climatico rende i fenomeni meteo estremi sempre più intensi e frequenti, e lo sta tristemente sperimentando anche l’Italia.
Il consumo di suolo e il dissesto idrogeologico
E se c’è chi ha ancora qualche dubbio sulla natura antropica del cambiamento climatico, è innegabile che gli altri fattori che puntualmente contribuiscono al disastro sono da imputare all’azione umana. Il consumo di suolo, l’abusivismo edilizio, i piani regolatori che non tengono conto delle zone di esondazione dei fiumi o i corsi d’acqua tombati per consentire di costruire a oltranza, sono tutti opera dell’uomo. Lo dimostra anche quanto accaduto in Spagna e in particolare nella Comunità di Valencia, la più colpita. La città capoluogo non ha avuto gli stessi danni dei piccoli centri circostanti, anche perché nei pressi del fiume Turia era stato costruito un enorme canale di scolo artificiale, per permettere di raccogliere le acque in caso di esondazione ed evitare che invadessero le strade. In tutte le altre località situate nei pressi del fiume, invece, case e altri edifici si trovavano immediatamente a ridosso degli argini, con l’acqua che scorreva sempre più veloce finendo per invadere tutti i centri abitati, con le tragiche conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
L’emergenza
È il momento del dolore per quanto accaduto e per tutte le vite umane perse, ma è ancora il momento dell’emergenza. L’allerta meteo gialla continua a interessare le zone già colpite, non solo Valencia ma anche l’Andalusia, Castiglia-La Mancha e l’Extremadura, ma il fronte delle perturbazioni si sta spostando verso la Catalogna dove è stata diramata l’allerta arancione. L’emergenza non è finita e si cerca di ultimare i soccorsi alla popolazione e la ricerca dei tanti dispersi, un numero imprecisato ma sicuramente non inferiore a diverse decine. Le immagini delle persone che, in uno scenario apocalittico, cercano disperatamente i propri cari urlando i loro nomi in strada dopo che le loro case sono state travolte da acqua, fango e detriti, sono assolutamente strazianti. Il premier spagnolo Pedro Sanchez, rientrato in anticipo dal viaggio istituzionale in India, ha già presieduto una riunione del comitato d’emergenza e si è recato nelle zone più colpite. Ci sarebbe bisogno di maggiore unità istituzionale, ma è già il tempo della polemica politica. Il governo nazionale e quello valenciano concordano infatti solo su un aspetto: l’emergenza è tutt’altro che finita.
I danni
Sono impressionanti le immagini di vari ponti crollati, completamente travolti e distrutti dalla furia delle acque. Ponti di varie epoche, compresi alcuni moderni e risalenti a pochi decenni fa, non esistono più e diversi centri abitati sono ancora completamente isolati. Anche per questo, è molto difficile fare una stima precisa dei dispersi e i soccorsi vanno a rilento. Le operazioni di soccorso sono affidate a vigili del fuoco, Protezione civile, forze dell’ordine e forze armate, dirette a vari livelli. L’emergenza, però, ha richiesto l’invio di unità speciali di soccorso dell’esercito da parte del governo centrale di Madrid. E secondo la Moncloa, ci sarebbe un motivo ben preciso.
Le polemiche
Al centro delle polemiche c’è Carlos Mazón, presidente della Comunità Autonoma di Valencia alla guida di una coalizione di destra. In primis, perché appena insediatosi aveva abolito l’Unità di Emergenza locale che il suo predecessore, il socialista Ximo Puig, aveva istituito poco tempo prima. Secondo Mazón, si trattava di un organismo fittizio, senza vigili del fuoco effettivi, ma la mancanza di un ente locale di soccorso alla popolazione ha contribuito ai ritardi nei soccorsi.
Cosa ancora più grave, la mancanza di coordinamento tra le autorità nazionali e locali. L’agenzia meteorologica spagnola, infatti, alle 7 di mattina aveva emesso un’allerta rossa sulla Regione per tutta la giornata di martedì 29 ottobre. Tuttavia, l’invio ai cellulari del messaggio di allerta compete alla Generalitat, l’ente regionale. Il suo presidente, però, aveva pericolosamente sottovalutato il rischio: alle 13 di martedì, quando i corsi d’acqua iniziavano a esondare un po’ ovunque, aveva pubblicamente invitato la popolazione alla prudenza ma senza farsi prendere dal panico, prevedendo che la pioggia sarebbe cessata dalle 18 in poi. Alla fine, l’allerta sui cellulari dei residenti è giunta alle 20, quando nelle zone più colpite l’incubo era già realtà e si assisteva impotenti alla furia dell’acqua che ha travolto ogni cosa, uccidendo decine e decine di persone.