“Ci siamo riusciti”, il commento della LAV è entusiasta dopo che una nota interna allo staff del gruppo Max Mara certifica l’abbandono da parte del marchio della pelliccia naturale.
“L’azienda non vende, – si legge nella nota interna- online né in nessuno dei suoi punti vendita fisici, alcun prodotto realizzato con pelliccia, né vi è l’intenzione di introdurre alcun prodotto realizzato con pelliccia nelle prossime collezioni dei marchi di Max Mara Fashion Group.”
Proprio negli ultimi mesi la Lega Anti Vivisezione aveva lanciato la campagna social #furfreemaxmara, con tanto di mailbombing e atterraggio in mongolfiera nella sede del gruppo italiano, parte della campagna globale “Fur-free”.
Questo il commento di Simone Pavesi, responsabile Area Moda Animal Free : “Ci siamo riusciti! Anche Max Mara Fashion Group è diventata fur-free; un risultato che abbiamo raggiunto nonostante la totale indifferenza dell’azienda alle nostre richieste di incontro e che è stata proprio la causa della campagna globale di pressione #FurFreeMaxMara organizzata con la Fur Free Alliance e che ha visto LAV e Humane Society International protagonisti di un clamoroso blitz in mongolfiera presso la sede centrale del Gruppo a Reggio Emilia lo scorso febbraio”.
La precisazione
Secondo quanto dichiarato dal gruppo, MMFG ( Max Mara Fashion Group), che fa capo a brand come Max Mara,Sportmax, Weekend Max Mara, Max & Co, Marella, iBlues, Marina Rinaldy e Pennyblack, da molte stagioni ormai non propone capi realizzati con la pelliccia di animali. Ma la LAV contesta questa affermazione: “Solo a seguito della campagna #FurFreeMaxMara, indetta dalla LAV con la Fur Free Alliance lo scorso febbraio, MMFG ha rimosso dagli e-shop nel mondo tutti i prodotti con componenti in pelliccia animale. Come dimostrato dagli screen shot diffusi dalla LAV, ancora questo inverno sugli e-shop dei brand del gruppo era possibile acquistare prodotti con inserti di pelliccia.
Animal Free Fashion
Gli animalisti chiedono che sia abbandonato anche l’uso di pelli animali e di filati ricavati causando sofferenza degli animali. Nel caso delle pelli queste vengono ottenute non come by-product ovvero in seguito all’uccisione degli animali per scopi alimentari, “l’industria conciaria costituisce un business a sé”, afferma la LAV.
Allo stesso modo si chiede la messa al bando dei prodotti dell’industria delle pelli esotiche, derivanti da pitoni, alligatori e coccodrilli catturati in natura, allevati in modo intensivo e poi uccisi per decapitazione o asfissia.
Nel caso dei canguri, la LAV riporta che in Australia negli ultimi 20 anni sono stati uccisi 44 milioni di animali per scopi commerciali.
La tosatura è un metodo che può comportare la morte dell’animale a causa delle ferite e delle conseguenti infezioni riportate. Per questo motivo molti vegani non indossano capi di lana, alpaca, mohair o cashmere.
Nel caso della seta si chiede l’abbandono del materiale ottenuto uccidendo i bachi immergendoli in acqua bollente.
Alcuni importanti passi avanti sono stati fatti dal nostro Paese; nel 2004 l’Italia ha vietato la spiumatura delle oche in vivo. Nel 2006 l’Italia ha vietato l’import di pelliccia di foca. Nel 2009 l’Ue ha vietato l’import di pellicce di cani e gatti.
Solo qualche mese fa sono state diffuse le immagini dell’orrore vissuto negli allevamenti cinesi A mostrare l’inferno vissuto da cani procioni, visoni e volpi negli allevamenti di Hebei e Liaoning, in Cina, è l’ultima inchiesta di Humane Society International (HSI).