Difendere i diritti dell’ambiente in America Latina può costare la vita. Secondo i dati diffusi dal Report annuale della Ong Global Witness, almeno 196 attivisti sono stati uccisi nel 2023 per avere difeso l’ambiente.
Oltre un terzo di queste uccisioni è avvenuto in Colombia, specialmente nella zona Sud Ovest, in cui sono diffuse le coltivazioni delle foglie di coca e il narcotraffico. Proprio il Paese ospiterà a ottobre la COP16, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità.
L’Ong afferma che con molta probabilità si sono verificati più uccisioni di quelle che si è riusciti a documentare. L’omicidio continua ad essere uno strumento utilizzato per silenziare le proteste. “Ogni uccisione -si legge nel Report- lascia il mondo più vulnerabile alle crisi climatiche, di biodiversità e di inquinamento”.
Dal 2015, anno di adozione dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, ad oggi oltre 1.500 difensori dell’ambiente sono stati uccisi in tutto il mondo.
Quest’anno i Paesi che hanno registrato il 70% delle uccisioni sono Colombia, Brasile, Messico e Honduras. I delitti più numerosi sono avvenuti contro le proteste nei confronti di progetti di sfruttamento minerario e deforestazione. Bersaglio principale sono stati gli esponenti delle comunità indigene, il 43% delle volte. Nel 90% dei casi le vittime erano di sesso maschile.
Un fenomeno strettamente legato alla crisi climatica
Il surriscaldamento del pianeta ha generato una nuova consapevolezza della necessità di salvare gli ecosistemi più delicati, acuendo lo scontro con chi vuole sfruttare le risorse della Terra. Molti ricordano il sacrificio di Chico Mendez, sindacalista brasiliano ucciso negli anni ’80 per il suo attivismo a fianco dei popoli indigeni in Amazzonia. Da allora poco sembra essere cambiato nel continente.
La seconda zona del mondo in cui si muore di più per la difesa dell’ambiente è l’Asia con Filippine, India e Indonesia in testa alla triste classifica.
Il Report include il commento di Nonhle Mbuthuma, vincitrice sudafricana del Goldman Environmental Prize: “In ogni angolo del mondo, coloro che osano rendere noto l’impatto devastante delle industrie estrattive -deforestazione, inquinamento e appropriazione delle terre- si scontrano con violenza e intimidazioni. Ciò è particolarmente evidente per le popolazioni indigene, essenziali nella lotta contro il cambiamento climatico, e che per questo sono sproporzionatamente colpite, anno dopo anno“.
Secondo Global Witness la fine delle violenze passa dalla rivalutazione delle culture indigene, che da venire considerate un ostacolo devono finalmente essere valorizzate come indispensabili per la soluzione della crisi climatica. Grazie alla conoscenza, allo stile di vita improntato al rispetto della natura e dei suoi cicli, queste culture portano con sé un approccio che permette la mitigazione del clima e la convivenza tra uomo e natura in perfetto equilibrio.